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Ora tocca a Dioniso

Veronica Rodenigo

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È dedicata a Dioniso la terza tappa del viaggio nell’antico intrapreso dalle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, sede museale di Intesa Sanpaolo. Dopo «Le ore della donna» (2009) e «Il viaggio dell’eroe» (2014) la nuova proposta espositiva dal titolo «Dioniso. Mito, rito e teatro» (a cura di Federica Giacobello) rimarrà visitabile sino all’autunno nell’ambito del progetto «Il tempo dell’antico

Ceramiche attiche e magnogreche della collezione Intesa Sanpaolo». In tutto una ventina di manufatti a figure rosse ascrivibili al V-IV secolo a.C., provenienti da Ruvo di Puglia e prodotte tra Atene, la Lucania e l’Apulia stessa. Il corpus è solo un assaggio della copiosa Raccolta Caputi, (conservata nel deposito dello stesso palazzo vicentino) ed entrata nell’allora collezione di Banca Intesa nel 1999. In tutto 522 reperti facenti parte di corredi tombali e rinvenuti nel corso di scavi ottocenteschi nella località pugliese in provincia di Bari. Le ceramiche, sia a figure rosse che a figure nere, tutte oggetto di restauri, coprono un arco temporale che spazia dal VI al III secolo a.C. e si contraddistinguono per varietà tipologica e di soggetto.

Il criterio espositivo a rotazione tematica approfondisce, con cadenza annuale, un aspetto ogni volta diverso della collezione per affidarla alla comunità, così come ribadito da Michele Coppola, da luglio responsabile dei Beni archeologici e storico-artistici di Intesa nonché del coordinamento dei tre poli museali delle Gallerie d’Italia: Milano, Napoli e, appunto, Vicenza. Così le due sale del piano nobile del secentesco palazzo narrano culti e riti d’iniziazione, il permeante rapporto uomo-divinità e l’inscindibile legame con il teatro anche grazie all’apporto del multimediale attraverso dispositivi mobili e touch screen. 

Ad accogliere il visitatore nella prima sala sono due ampi vasi a cratere. Nel primo (Cratere a colonnette attico a figure rosse. Pittore di Leningrado 470-460 a. C.) due figure femminili affiancano il simulacro del dio. In quello che la fronteggia (coevo e ascrivibile alla stessa mano del cosiddetto Pittore di Leningrado), giovani simposiasti sdraiati su klinai si dedicano al gioco del cottabo: sorta di tiro al bersaglio fruendo di gocce di vino.
La seconda sala mette in rilievo la figura di Dioniso come dio del teatro. A dominare lo spazio, in posizione centrale è un «ospite illustre»: il vaso di Pronomos, cratere attico a figure rosse (Pittore di Pronomos, 400 a.C. circa) concesso in prestito dal Museo Archeologico nazionale di Napoli.
Nella decorazione vascolare Dioniso è figura cardine del dramma satiresco ma altrettanto rilevante appare, nel registro inferiore, la figura del personaggio a cui si deve la denominazione del cratere: Pronomos, celebre auleta menzionato da Pausania e realmente esistito (alla parete il supporto multimediale ne consente la lettura iconografica).

La piccola ma preziosa immersione nel mito termina qui ma nelle altre sale di Palazzo Montanari il viaggio continua attraverso la ridondante decorazione a stucchi e affreschi, la pittura veneta del ’700 e la collezione di icone russe dal Medioevo all’età moderna.

Veronica Rodenigo, 13 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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