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Omaggi e ironici oltraggi

Guglielmo Gigliotti

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Il complesso e multiforme rapporto tra l’antico e gli artisti moderni

La modernità che si confronta con il passato è uno dei temi fondamentali dell’arte del ’900 ed è il soggetto della mostra «La seduzione dell’antico. Da Picasso a Duchamp, da de Chirico a Pistoletto», curata da Claudio Spadoni e aperta dal 21 febbraio al 26 giugno al Mar - Museo d’arte della città di Ravenna.

Impreziosita da un comitato scientifico costituito da Antonio Paolucci, Elena Pontiggia e Marco Bazzocchi, la rassegna presenta i tanti e distinti modi di attualizzare l’idea di antico, nelle opere di Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi, Carlo Carrà, Arturo Martini, Felice Casorati, Mario Sironi, Scipione, Lucio Fontana, Leoncillo, Renato Guttuso, Fabrizio Clerici, Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Mario Ceroli, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Salvo, Luigi Ontani, Carlo Maria Mariani, Mimmo Paladino, oltre a protagonisti delle avanguardie storiche europee e statunitensi come Marcel Duchamp, Man Ray, Pablo Picasso e Yves Klein.

La mostra prende piede da quella sensibilità, sorta all’indomani della fine della prima guerra mondiale, volta a recuperare la figurazione, la tradizione, la classicità, il racconto, il passato, in risposta alle rivoluzioni linguistiche delle avanguardie di inizio ’900. Furono in prima istanza proprio i protagonisti dello smembramento dell’unità del linguaggio artistico a volerlo ricomporre in quelle nuove possibilità figurative che passarono sotto la definizione, coniata da Jean Cocteau, di «ritorno all’ordine». Tra questi il cubista Picasso, il dadaista Grosz e il futurista Carrà. Quest’ultimo fu infatti tra i precursori di questa nuova ondata, che annunciò nei suoi saggi «Parlata su Giotto» e «Paolo Uccello costruttore», usciti nel 1916. 

Pilastri di questo clima furono la pittura metafisica di Giorgio de Chirico, la rivista «Valori Plastici», nata nel 1918, e il movimento artistico Novecento, fondato nel 1922 da Margherita Sarfatti e operativo per tutto il decennio con grandi mostre in Italia e all’estero. Il movimento riuniva gli artisti che reagivano alle sperimentazioni avanguardistiche, rivolgendo rinnovata attenzione alla storia dell’arte e alla purezza delle forme, spesso immerse in una luce immobile di ascendenza dechirichiana e di natura magico-realistica.

Fu il critico d’arte tedesco Franz Roh ad adottare per primo la definizione di Realismo magico, nel 1925, per descrivere la figurazione tersa e straniante dei pittori della Nuova Oggettività (Grosz, Dix e Schad).

Ma la mostra di Ravenna mette sotto la lente di ingrandimento anche altri modi di rivivere l’antico che si sono susseguiti nel secolo, come nella forma di contrapposizione ironica e dissacrante incarnata da Duchamp con la «Gioconda» o nelle citazioni iconiche svolte dalla Pop art.

Altre citazioni, volte a indagare l’essenza dell’arte, sono quelle di Giulio Paolini. Per Fontana e Leoncillo, la modernità coincide con la rivitalizzazione della materia ceramica in senso barocco, così come per Ontani lo è la teatralizzazione performatica di antiche iconografie. Per Clerici l’antico, invece, è già teatro, di natura peraltro assolutamente onirica. Per Yves Klein la cosa era diversa: convinto della natura infinita del blu, cosparse di quel colore il modellino della Nike di Samotracia, riportando nel presente un principio di eternità che dovevano conoscere anche gli antichi.

Guglielmo Gigliotti, 14 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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