Un’ossessività numerica, generata dal tentativo di inquadrare il nebuloso flusso del tempo in un sistema ordinato, caratterizza le opere dell’artista concettuale tedesca Hanne Darboven, nata a Monaco nel 1941 e morta ad Amburgo nel 2009. L’incontro con i concettuali americani a New York negli anni Sessanta (Sol LeWitt, Carl Andre e Joseph Kosuth) segnò radicalmente il modus operandi dell’artista tedesca: a partire dal 1967 realizzerà le sue note «Konstruktionen», serie di lavori su carta che presentano liste di numeri, risultato di complesse addizioni matematiche a partire dalle sei cifre del formato data. Il linguaggio numerico, presente in tutte le successive opere della Darboven, sino alle imponenti installazioni realizzate a partire dalla fine degli anni Settanta, è alla base di un sistema oggettivo eppure personale, razionale ma arbitrario, in grado di visualizzare metodicamente il tempo della vita.
«Hanne Darboven. Correspondences» è il titolo della mostra che l’Hamburger Bahnhof dedica sino al 27 agosto a questa figura chiave del Concettualismo tedesco. L’esposizione presenta i primi disegni, oltre a vari lavori che illustrano le diverse fasi della sua attività. Una pratica, quella della Darboven, vicina alla scrittura (in alcune opere include passaggi di scritti di Jean-Paul Sartre e Heinrich Heine, a volte tradotti in pattern visuali) e alla musica (era solita trasformare le sue serie numeriche in partiture musicali). Fondamentale la corrispondenza privata con colleghi artisti, amici, curatori e galleristi tra gli anni ’60 e ’70, che rivela la formazione e l’evoluzione del sistema di notazione numerica da lei elaborato. Completano l’antologica opere di compagni d’avventura quali Carl Andre, Bernd e Hilla Becher, Daniel Buren, Panamarenko, Lawrence Weiner e Sol LeWitt.
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