«Paul Gauguin. Why Are You Angry?» è il titolo della mostra che la Alte Nationalgalerie presenta fino al 10 luglio prossimo, dedicata all’opera del celebre maestro francese nel particolare contesto dei suoi ultimi anni trascorsi quasi ininterrottamente nell’isola di Tahiti e a corollario del grande dipinto della collezione di casa: «Le pescatrici di Tahiti», olio su tela del 1891.
Uno dei temi al momento più dibattuti dalla critica d’arte europea, in particolar modo tedesca e francese, è quello del colonialismo, non solo in termini di doverose restituzioni da parte dei grandi musei di opere trafugate dalle potenze imperialiste in Africa e Asia, ma anche e soprattutto per un necessario discorso di revisione e ripensamento dell’opera di artisti occidentali che implicitamente ne approfittarono.
In questi termini, Gauguin, che col pretesto della ricerca dell’incontaminato paradiso terrestre lontano dalla vita corrotta delle metropoli europee ancora oggi si nutre del mito dell’artista selvaggio, può essere rivisto e forse ridimensionato, se messo a confronto con la storia, con le posizioni critiche e con le diverse prospettive di artisti internazionali contemporanei come Angela Tiatia (Nuova Zelanda/Australia), Yuki Kihara (Samoa/Giappone), Nashashibi/Skaer (Gran Bretagna) e Henri Hiro (Polinesia Francese).
Parafrasando il titolo della rassegna «Why Are You Angry?», e in considerazione del male prodotto nel tempo dai colonialisti, e anche da artisti come Gauguin, c’è di cui essere arrabbiati senza per questo disconoscerne il genio. La mostra è frutto di una collaborazione della Nationalgalerie di Berlino con la Ny Carlsberg Glyptotek Copenhagen.
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