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Naufraghi e carnefici

Migranti della Salcedo e scene di Kentridge

Il Museo Nacional Centro de Arte Rena Sofía inaugura due importanti mostre. Dal 6 ottobre al prino aprile 2018, al Palacio de Cristal nel Parque del Retiro, Doris Salcedo (Bogotà, Colombia, 1958) presenta «Palimpsesto», un’installazione che evoca i profughi annegati nel Mediterraneo e nell’Atlantico negli ultimi vent’anni. Centonovantadue pannelli rivestono la superficie dell’edificio e lasciano «sgorgare» i nomi di quelle vittime grazie a una complessa tecnica idraulica che, a cadenza regolare, rilascia acqua per poi riassorbirla. Curata da Soledad Liaño e Suset Sánchez, «Palimpsesto» conferma che per la Salcedo l’arte è legata alla politica, alla collettività e al dualismo tra la gravità della perdita e l’intensità della vita, tra l’invisibilità e la visibilità, tra la dimenticanza e la memoria. Scenari in conflitto, vittime, dimenticati, sono i soggetti ricorrenti da sempre evocati «per assenza» dalla sua arte, volta a riflettere sulla globalizzazione al fine di renderci consapevoli della sofferenza umana a essa intrinseca.

È tale «politicità» dell’arte a costituire il comune denominatore tra lei e William Kentridge (Johannesburg, 1955), a cui il Reina Sofía dedica la mostra «Basta y sobra», ospitata nell’Edificio Sabatini dal 31 ottobre al 19 marzo e curata da Manuel Borja-Villel e Soledad Liaño. L’esposizione esplora per la prima volta la produzione scenica di Kentridge, che comprende il teatro, l’opera lirica e la performance, proponendo una selezione di lavori in ciascuno dei quali un unico protagonista tesse le più diverse situazioni. Si tratta di «Woyzeck on the Highveld» (1992), «Faustus in Africa!» (1995), «Ubu and the Truth Commission» (1997), «Il ritorno di Ulisse» (1998), «The Nose» (2010), «Lulu» (2015) e «Wozzeck» (2017). I loro protagonisti sono vittime o carnefici in contesti che mostrano, nelle sfera sia pubblica sia domestica, i flagelli della tirannia, dell’autoritarismo, della meschinità e della corruzione. I numerosi disegni e filmati esposti, preparatori o realizzati parallelamente a quei lavori, mettono ancor più in risalto le sinergie tra la produzione plastica e il lavoro scenico dell’artista, la cui varietà tecnica, corrispondente alla sua dichiarata mancanza di certezze, sottende i profondi mutamenti politici e sociali in corso nell’epoca contemporanea.

Ilaria Bernardi, 04 ottobre 2017 | © Riproduzione riservata

Naufraghi e carnefici | Ilaria Bernardi

Naufraghi e carnefici | Ilaria Bernardi