Nam June Paik aveva capito tutto
Alla Tate Modern una grande retrospettiva del pioniere della videoarte
«La pelle è oramai inadeguata a interfacciarsi con la realtà. La tecnologia è diventata la nuova membrana del nostro corpo». Così scrisse Nam June Paik (1932-2006), artista coreano pioniere della videoarte e autore di imponenti installazioni gremite di televisori e dispositivi elettronici in perenne «mode-on».
Una pratica, la sua, che è stata in grado di predire l’importanza dei mass media e delle nuove tecnologie (quelle electronic superhighway a cui si ispirerà in un noto lavoro del 1995), nonché il futuro dell’informazione nell’età di internet. A Paik, la cui opera risulta decisiva in un’epoca plasmata dalla comunicazione digitale e dall’overload di immagini, la Tate Modern dedica dal 17 ottobre al 9 febbraio la più ampia retrospettiva mai tenuta in Gran Bretagna, e organizzata in collaborazione con il San Francisco Museum of Modern Art.
«L’ultima monografica di Paik a Londra
...
(l'articolo integrale è disponibile nell'edizione su carta)