Icona della militanza politica e dell’attivismo protofemminista, la grande fotografa Tina Modotti (Udine, 1896-Città del Messico, 1942), dopo la tardiva «riscoperta», negli anni Settanta è riuscita ad affermarsi per il suo autentico talento d’artista piuttosto che per le sue vicende biografiche romanzesche e anticonformiste, tanto pubbliche quanto private (donna bellissima, nel 1920 fu anche, brevemente, attrice a Hollywood ed ebbe una vita sentimentale decisamente audace per i tempi).
Sulla sua grande qualità fotografica è incentrata la mostra «Tina Modotti: La genesi di uno sguardo moderno», curata per il Centro Saint-Bénin da Dominique Lora in collaborazione con Daria Jorioz.
Dall’11 novembre al 12 marzo, 120 sue fotografie originali, giunte dall’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia e dalla Fototeca Nazionale di Città del Messico, testimoniano il suo sguardo sulle condizioni di vita delle classi lavoratrici, partecipe e appassionato sì, ma sempre sorretto da una sapienza tecnica e compositiva che la inserisce a pieno titolo nelle correnti dell’avanguardia e che fa dei suoi scatti non solo dei documenti storici e sociologici ma anche delle prove di un modo inedito, volutamente «ruvido» (ma spesso anche arditamente sensuale) di rappresentare quella realtà che i suoi maestri e il suo stesso compagno e mentore della gioventù, Edward Weston, spesso tendevano a idealizzare. Diventando così, a sua volta, maestra e modello per le generazioni successive di fotografi e fotografe messicani.
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