Ogni mostra di Thea Djordjadze, artista georgiana basata a Berlino, è una rilettura di opere pensate per altri luoghi che lei smonta, rimonta e trasforma in funzione del nuovo spazio in cui vengono allestite, della sua architettura e della luce, dando loro una nuova fisicità e energia.
Lo spazio, insomma, è parte integrante di un’opera mai davvero finita, in cui lo spettatore è invitato a muoversi, a guardarsi intorno, per vivere la sua personale esperienza. È così anche per la mostra del MAMC+, il museo d’arte moderna e contemporanea di Saint-Étienne, a sud di Lione, «Thea Djordjadze. Ricordare e testimoniare», organizzata dal 5 febbraio al 15 maggio.
Il museo le ha affidato cinque sale in stile «white cube» per accogliere 60 opere site specific, prodotte tra il 1993 e il 2021. L’artista assembla materiali di scarto, vetro, ceramica, tessuti, cartapesta, legno. Le sue opere sono sculture filiformi e minimaliste, un immenso paravento metallico, un tappeto arrotolato, una parete a specchio di alluminio lucido.
Thea Djordjadze, nata a Tbilisi nel 1971, ha studiato all’Accademia di Belle Arti della sua città prima di lasciare la Georgia a causa della guerra civile e riprendere gli studi prima alla Gerrit Rietveld Akademie di Amsterdam poi alla Kunstakademie di Düsseldorf. Tra il 1999 e il 2003 è stata membro del gruppo di artisti hobbypopMUSEUM.
Nel 2012 ha partecipato alla rassegna Documenta 13 di Kassel ed è stata due volte ospite della Biennale di Venezia, nel 2013 e 2015. Il Gropius Bau di Berlino le ha appena dedicato un’ampia personale che si è chiusa a gennaio.
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