Orlan (Saint-Étienne, 1947) ha fatto del suo stesso corpo un’opera d’arte, mettendo in scena i numerosi interventi di chirurgia a cui si è sottoposta e, al tempo stesso, invitando le donne a rifiutare gli stereotipi e denunciando le violenze contro di loro.
Sin dagli anni ’60 le sue opere choc hanno rigettato l’idea classica di musa e modella. Alcune sono diventate iconiche come «Le Baiser de l’artiste» (1977), una performance realizzata alla Fiac di Parigi in cui mise in vendita i suoi baci, e «L’origine de la guerre» (1989-2011), rilettura del celebre «L’origine du monde» di Courbet, al Musée d’Orsay, che associa la virilità alla violenza.
Quest’estate l’artista è al centro di due mostre. L’una, «Orlan. Les femmes qui pleurent sont en colère» (Le donne che piangono sono arrabbiate), allestita a Parigi, al Musée Picasso, fino al 4 settembre, per la prima volta, rilegge l’opera del padre del Cubismo alla luce del movimento #MeToo. Orlan propone una serie di collage digitali ispirati alla «Donna che piange», tema che appare nell’opera di Picasso nel 1937. In diversi dipinti e disegni l’artista spagnolo rivisitò la figura della donna che urla in «Guernica», dandole il volto di sue due compagne, Jacqueline Roques e la fotografa Dora Maar. Per Orlan i loro volti stravolti esprimono anche la violenza cui Picasso le sottopose.
Fino al 28 agosto Les Abattoirs di Tolosa propone invece l’ampia retrospettiva «Manifesto Orlan. Corpi e sculture», realizzata in stretta collaborazione con l’artista.
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