Jesper Just, che ha rappresentato la Danimarca alla 55ma Biennale di Venezia nel 2013, presenta il suo ultimo film al MacLyon dal 24 febbraio al 9 luglio, a cura di Matthieu Lelièvre: un’installazione tra il tecnologico e il sensoriale sulla scia di quella che lo stesso Just ha definito tech-poetica. Moltiplicando gli schermi, frammentando l’immagine, l’artista crea ecosistemi che coinvolgono il pubblico sul piano visivo ed emotivo ma anche fisico, incorporandolo nello spazio dell’opera.
Anche in questo ultimo lavoro, come in «No Man Is an Island» (2002) o «It Will End in Tears» (2006), l’emozione è il filo conduttore: Just mette in scena la topografia delle emozioni che gli attori e le attrici provano su un palcoscenico e catturate dalla risonanza magnetica realizzata in ospedale su un attore che si è prestato al gioco.
Nelle stesse date il MacLyon presenta «La pelle è un involucro sottile», mostra del duo svedese Nathalie Djurberg e Hans Berg, noti per le loro animazioni allegoriche e burlesche, popolate da personaggi grotteschi: il pubblico è invitato a penetrare in un gigantesco tegame in cui sta cuocendo una minestra, metafora del corpo umano.
Il museo inoltre propone un nuovo allestimento delle sue collezioni nella mostra «Incarnazioni», articolata in due atti lungo tutto il 2023, sul tema del corpo, nella sua dimensione organica (febbraio-agosto) e nel suo rapporto con l’altro e con l’ambiente (settembre-dicembre). Esposte opere di Vito Acconci, Nam June Paik, Thomas Ruff, Bruce Nauman e Mimmo Paladino.
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