La Svizzera Espressionista esposta ad Aosta

I curatori David Schmidhauser e Daria Jorioz hanno esplorato le declinazioni assunte in Svizzera da questo linguaggio artistico, dalle premesse, gettate da Cuno Amiet, agli artisti del gruppo ginevrino «Le Falot», ai gruppi Der Moderne Bund di Lucerna e Rot-Blau di Basilea

«Roter Berg Dischma» (1919) di Philipp Bauknecht
Ada Masoero |  | Aosta

Stretta com’è tra la Francia, dove nel primissimo ’900 s’impose il Fauvisme, e la Germania, dove negli stessi anni si formava il gruppo espressionista «Die Brücke», con i suoi sviluppi successivi, la Svizzera non rimase estranea alla grande corrente dell’Espressionismo. Che, infatti, negli anni immediatamente successivi trovò interpreti di prim’ordine nelle aree di lingua francese e tedesca come anche al sud delle Alpi, nel Canton Ticino.

I suoi esponenti non conobbero però lo stesso successo dei confratelli tedeschi e francesi, rimanendo lungamente nell’ombra. La mostra «Espressionismo svizzero» (catalogo Silvana), che il Museo Archeologico Regionale, in collaborazione con il Kunst Museum di Winterthur, presenta fino al 23 ottobre è perciò una sorta di primizia, ricca di opere importanti giunte da questo museo e da altre collezioni svizzere, pubbliche e private.

I curatori, David Schmidhauser e Daria Jorioz, hanno esplorato tutte le declinazioni assunte in Svizzera da questo linguaggio artistico, dalle premesse, gettate da Cuno Amiet (Canton Soletta), agli artisti del gruppo ginevrino «Le Falot», con le loro accensioni cromatiche, ai gruppi Der Moderne Bund di Lucerna e Rot-Blau di Basilea, questi ultimi più interessati alle valenze simboliche del colore.

Cui si aggiunse il gruppo dell’Orsa Maggiore, fondato nel 1924 ad Ascona da Marianne von Werefkin con altri artisti. Una riscoperta è la figura di Alice Bailly, che a Parigi conobbe il Fauvisme e poi il Cubismo, i cui dipinti si confrontano in mostra con quelli di altri validi artisti, come Louis Moilliet, Albert Müller, Hans Berger.

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