Il «Cristo in Croce», in collezione privata, attribuito a Michelangelo da Lionello Puppi

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Il «Cristo in Croce», in collezione privata, attribuito a Michelangelo da Lionello Puppi

La seduzione di Michelangelo

Lionello Puppi identifica un dipinto in collezione privata come il «crucifixo» eseguito da Buonarroti per Vittoria Colonna. L'attribuzione respinta da Vittorio Sgarbi e Augusto Gentili

Stefano Luppi

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Treviso. Lo storico dell'arte Lionello Puppi ha presentato nei giorni scorsi sette nuove opere, di cui due attribuzioni inedite, esposte alla mostra «El Greco in Italia. Metamorfosi di un Genio», da lui curata nella Casa dei Carraresi e visibile fino al 10 aprile.

La «Deposizione di Cristo nel Sepolcro» (1570 circa) è una anteprima mondiale ed è stata da poco attribuita a El Greco dal comitato scientifico della rassegna grazie a studi e analisi riflettografiche: si ritiene quest’opera una copia da un’incisione di Andrea Schiavone (Zara, 1510/1515 – Venezia, 1563) a sua volta ispirata da un foglio del Parmigianino (Parma, 1503-Casalmaggiore, 1540) a riprova dell’influenza che il maestro emiliano ebbe sulla pittura di El Greco.
Ma a destare maggiore attenzione da parte della critica è senz’altro un «Cristo in Croce» di collezione privata che Puppi attribuisce a Michelangelo Buonarroti (Caprese, 1475 – Roma, 1564). «Indagini diagnostiche, storiche e stilistiche durate mesi dimostrano la piena compatibilità di questa tavola con la mano di Michelangelo, in particolare con il disegno del British Museum che la maggior parte degli studiosi identifica con il “crucifixo” disegnato da Michelangelo per la gentildonna Vittoria Colonna» spiega il curatore.
Puppi identifica l’inedito attuale come opera donata alla nobildonna romana e sinora ritenuta perduta o mai eseguita citando anche la «luna nera» che appare nel dipinto, citata negli antichi documenti, e la stessa scelta iconografica dell’autore del dipinto in oggetto che si legherebbe agli «spirituali» protetti dalla poetessa e nobildonna. 

L’attribuzione michelangiolesca è stata subito messa in dubbio dal critico Vittorio Sgarbi e dal docente emerito di storia dell’arte moderna dell’Univesità Cà Foscari Augusto Gentili: «Quella di Puppi è una bella illusione, spiega il primo, perché il professore è vittima di una seduzione che ha toccato tanti studiosi: l’opera ora a Treviso è infatti solamente una delle almeno dieci versioni conosciute dello stesso soggetto». E Gentili è lapidario: «Seguendo la la tesi della corrispondenza con il disegno, allora qualsiasi dipinto potrebbe essere di Michelangelo».

La mostra di El Greco presenta inoltre tre nuove attribuzioni, già presentate da altri studiosi: la «Santa Maddalena Penitente» (1575/1577) del Museu de Montserrat di Barcellona, attribuita a El Greco e ritenuta dipinta proprio durante la sua permanenza in Italia; il «San Demetrio» (ante 1567) già attribuita al maestro greco da precedenti perizie e il «Ciborio di Bettona» (1572/1573) sempre assegnato al pittore.
Si sono poi fatte nuove ipotesi relative all’identità del «Ritratto di Gentiluomo»: Puppi ne ha individuato il nome in Antonio II Brancaleoni, marchigiano.

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Stefano Luppi, 25 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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