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La rigenerazione attivata delle Accademie

Il processo di trasformazione dell'Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica

Antonio Bisaccia

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Recentemente rieletto Presidente della Conferenza nazionale dei direttori delle Accademie di Belle Arti, con il plenum dei voti, Antonio Bisaccia ripercorre per Il Giornale dell'Arte le principali tappe, recenti e prossime, dell'Afam.

«Non c’è essere umano scindibile dalle tecniche della sua epoca. L’uomo, la tecnica, l’ecosistema evolvono insieme e si co-determinano a vicenda. E tuttavia le nuove sofferenze contemporanee trovano la propria origine nel dominio dell’artefatto sulla vita. Indagare tale dominio significa fare luce su quelle sofferenze». Miguel Benasayag, nel suo saggio sulle «passioni tristi» arriva a formulare un possibile passaggio che va dalla «solitudine contemporanea alla creazione condivisa».

L’idea di indagine sulla vita come artefatto essenziale che, attraverso nuvole di sofferenze intense e di solitudini approssimate, porti dritto dritto verso la «creazione condivisa», è in qualche modo il processo senziente che ha portato il sistema Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica, in cui rientrano le Accademie di Belle Arti, i Conservatori, gli Istituti musicali ex pareggiati promossi dagli enti locali, le Accademie statali di Danza e di Arte Drammatica e gli Istituti Statali Superiori per le Industrie Artistiche,) dall’orlo del baratro a una rigenerazione attivata. Durante il mio primo mandato come Presidente della Conferenza Nazionale dei Direttori delle Accademie di Belle Arti e Accademia d’Arte Drammatica ho cercato di trasferire al Ministero dell’Università e della Ricerca, partendo dall’attento ex ministro Manfredi (e prima, anche se per un tempo molto breve, dal suo predecessore Fioramonti), fino all’attuale ministra Messa (che ha già dimostrato particolare sensibilità per il settore), tutto il dramma di un’implosione che era in atto da tanti anni. Il rovesciamento di quell’implosione ha consentito di costruire, tassello dopo tassello, il progetto solido e chiaro del nuovo corso dell’Afam che si divide in tre macroaree d’intervento: due realizzate e in corso d’opera e una ideale che andrebbe affrontata.


Il periodo dell’immediatezza utile
La prima è quella degli investimenti (in Finanziaria 2021) necessari alla sopravvivenza culturale: ampliamento dell’organico (82 milioni di euro), previsione di nuove figure di accompagnatori al pianoforte e ai tecnici di laboratorio (17,5 milioni di euro), esonero totale e parziale delle tasse (8 milioni di euro), facilitazioni per i disabili (1 milione di euro), fondo per l’edilizia e le infrastrutture di ricerca per Università, Enti di ricerca e Afam (100 milioni per 2021 e 2022, 250 milioni per il 2023, 200 milioni per il 2024 e 2025, e 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2026 al 2035), passaggio dalla seconda fascia della docenza alla prima (dopo almeno 25 di anni di blocco delle carriere). Ultimo provvedimento, in ordine di tempo, è quello relativo all’apertura delle graduatorie nazionali per il precariato.

Come assumere i nuovi docenti
La seconda macroarea, in itinere, è quella relativa al lavoro svolto dal «Tavolo permanente Afam», insieme all’amministrazione, che ha definito nel dettaglio le proposte per i regolamenti mancanti da 22 anni o da modificare perché non più idonei. Il regolamento sul reclutamento, infatti, comprende un’innovazione significativa ovvero l’istituzione dell’Abilitazione Artistica Nazionale in analogia all’A Scientifica Nazionale universitaria. Questo consentirà un reclutamento di certo più qualificato e rispondente ai bisogni del sistema. All’interno del medesimo regolamento viene pensata la figura del ricercatore Afam che consentirà, oltre allo strumento degli assegni di ricerca previsti, di concentrarsi sul ricambio generazionale, innescando processi di ricerca che devono trovare strade congrue al sistema.

Importantissimo è stato partecipare ai Progetti di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN), anche se è necessario costruire tutta l’architettura normativa che consenta alle Afam di poter affrontare la ricerca in modo realmente compiuto. Congiuntamente si è potuto, finalmente, modificare anche il lessico ambiguo che aleggiava nel Dpr 212/2005, e mi riferisco, soprattutto, alla trasformazione dei «corsi di formazione alla ricerca» con l’espressione più chiara «dottorati di ricerca»: espressione modificata dal recente Decreto legge n.81 del 9 giugno 2021. È ovvio che la disambiguazione semantica dev’essere seguita da finanziamenti per poter istituire le scuole di dottorato Afam e le risorse per le borse di dottorato.

Si è prodotta anche una proposta di aggiornamento del Dpr 132/2003 che riguarda i criteri di autonomia statutaria, regolamentare e organizzativa delle istituzioni in parola. Altro lavoro ha riguardato il costituendo regolamento riguardante la programmazione, la valutazione e l’edilizia. Sul tema della valutazione, onde evitare che essa valuti solo la capacità di adattarsi al sistema di valutazione stesso, la coniugazione di « che cosa»è ricerca in ambito Afam e il «come» valutarla rappresenta il dna fondativo che bisognerà affrontare con determinazione.

L’arte è necessaria
Nella terza macroarea, dopo aver messo in sicurezza il completamento della legge di riforma, diviene necessario ripensare il sistema alla luce della boa degli anni Venti del XXI secolo. In poco tempo abbiamo avuto modo di assistere a trasformazioni di non poco momento. Le istituzioni Afam, nel solco di queste spinte di trasformazione (alcune delle quali terribili) hanno necessità di ridisegnare il loro volto e di intraprendere la strada che tragga dal turbamento tutto il destino emozionale dell’espressione creativa, foss’anche, come dice Benasayag, dentro la chiave di una «creazione condivisa»: condivisione strutturata che sappia interpretare il carattere suggestivo del nuovo (a tutti i costi) iconico.

Queste istituzioni devono essere macchine di lettura delle complessità labirintiche in cui siamo immersi e strumenti in grado di produrre tutte quelle oscillazioni di senso che producono vita, calibrando il bello dentro l’alveo del bene: relativo, spesso impossibile e quasi sempre fatale. E non c’è niente di più concreto di un’azione di forza non contro la natura ma verso di essa. Con una disposizione che strappi al reale ogni patina di ideologia. Progettare, creare, trasferire competenze alle nuove generazioni.

Dentro questo triangolo, le modulazioni dell’innovazione possono provare le sfide che conducono a quella trasformazione della materia che sia un viatico per aggiungere al mondo ancora una pagina d’emozione: con la certezza che la parola «ricerca» non debba essere appannaggio di un’élite funzionalista. Siamo tutti corpi d’élite, ovvero corpi scelti all’interno di un mondo che (ancora) non riusciamo a scegliere. L’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica può contribuire, col suo compito formativo, a ricostruire frammenti d’identità attraverso il nucleo di un’esperienza narrativa che s’inebria di coltivazione del mondo: senza lo zero interpretativo della didascalia e col segno distintivo che riconosce l’opera d’arte come «protezione della comunità» e come valico per riconoscere viva ( parte della montagna) la nostra vita quotidiana.

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Antonio Bisaccia, 24 giugno 2021 | © Riproduzione riservata

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