La prima volta di Basquiat in Austria

L’artista ha segnato in modo indelebile l’arte contemporanea con una produzione ispirata ai generi più disparati. Dalla Street art alla pubblicità, dai cartoni animati ai disegni, tutto nella retrospettiva all’Albertina

Un dettaglio di «La Hara» (1981) di Jean-Michel Basquiat © Cortesia dell’Arora Collection. Estate of Jean-Michel Basquiat
Flavia Foradini |  | Vienna

Mancava ancora in Austria una mostra dedicata a Jean-Michel Basquiat. L’Albertina ha deciso di colmare la lacuna con un’iniziativa pensata esclusivamente per l’istituzione viennese e aperta dal 9 settembre all’8 gennaio: «Basquiat è certamente anche oggi uno dei più influenti disegnatori-pittori a livello internazionale. Dopo una mostra su Keith Haring e una recente sull’arte degli anni ’80, era naturale per noi pensare ad una presentazione di Jean-Michel Basquiat con un’ampia personale», ci spiega la cocuratrice Antonia Hoerschelmann.

Assieme a Dieter Buchhart ha concepito l’iniziativa forte di 80 opere provenienti da collezioni pubbliche e private, fra cui il Ludwig Forum di Aquisgrana, il museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, la collezione Bruno e Christina Bischofberger (che intrattennero con Basquiat uno stretto rapporto) e la Nicola Erni Collection: «La mostra è certamente una retrospettiva ma come suggerisce il titolo “Of Symbols and Signs”, un focus particolare riguarda un nostro approfondimento della rete di simboli e segni che Basquiat utilizzò nella propria produzione artistica», continua Hoerschelmann.

Morto di overdose a 27 anni, l’artista newyorkese con ascendenze caraibiche e con frequentazioni e sodalizi illustri nel mondo artistico statunitense (da Andy Warhol a Francesco Clemente, da Keith Haring a Madonna) ha segnato in modo indelebile l’arte contemporanea con una produzione variegata e socialmente e politicamente impegnata, ispirata dai generi più disparati: dalla Street art alla pubblicità, dai cartoni animati ai disegni di bambini.

Il suo spiccato talento gli guadagnò rapidamente il plauso degli operatori del settore, ben oltre i confini americani. Appena 21enne partecipò alla documenta 7, restando fino a oggi il più giovane partecipante, e nel 1984 approdò alla Mary Boone Gallery, al tempo una delle più rinomate gallerie di New York.

Nel 1987 la morte di Warhol lo prostrò in una profonda crisi e la morsa della droga pose fine nel 1988 a un’esistenza all’insegna di «una sfrenata bramosia di vivere: troppo in troppo poco tempo», come ebbe a dire Haring dopo la scomparsa dell’amico.

Da allora le quotazioni di Basquiat sono cresciute vertiginosamente. Negli ultimi mesi vi è stato clamore oltreoceano attorno a un corpus di suoi lavori, allorché l’Fbi avviò un’indagine per appurare l’autenticità di 25 opere su cartone, che l’Orlando Museum of Art aveva selezionato per la mostra «Heroes & Monsters: Jean-Michel Basquiat».

Negli ultimi anni vi sono stati altri casi d’incertezza sulla provenienza negli Stati Uniti, ma anche in Messico, in Francia e in Australia. Nessuna preoccupazione invece da parte dell’Albertina sul pedigree delle opere selezionate: «Provengono tutte da collezioni conosciute e non hanno mai dato àdito a dubbi», conclude Hoerschelmann.

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