La Op art da Guido Reni a Victor Vasarely

Una poetica come ricerca visiva al servizio di una nuova società industriale. Tra gli antesignani, anche Parmigianino, Grünewald e Piranesi

Gesù e Maria in un doppio ritratto «optical» della cerchia di Guido Reni, prima metà del XVII secolo, Collezione Werner Nekes
Giovanni Pellinghelli del Monticello |

Stoccarda. Fino al 19 aprile, col titolo «Vertigo. Op art e storia dell’Illusione Ottica 1520-1970», il Kunstmuseum di Stoccarda (in collaborazione con il MuMoK-Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig di Vienna) espone 120 opere del movimento Op art degli anni 1950-70 (pannelli, rilievi, installazioni, arte cinetica e computer grafica) e loro antesignane fra XVI e XVIII secolo. Caratteristica di queste opere è consentire esperienze sensoriali non limitate alla vista ma coinvolgenti l’intera percezione umana.

L’Op(tical) art, sviluppatasi parallelamente in diversi Paesi europei dagli anni ’50 e consacrata dalla mostra del 1965 «The Responsive Eye» al MoMA di New York, ruppe i confini dell’arte tradizionale spostando il focus dai contenuti alla percezione visiva. I mezzi formali di espressione includono motivi geometrici vibranti, in particolare la spirale, effetti d’inclinazione ottica e
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