La nebbia come luce interiore in Giuseppe Bazzani
Vittorio Sgarbi: «Nessuno come lui ha dipinto prima l’anima che i corpi»

Nebbia. Inconsistenza di cose vicine, indeterminatezza di cose lontane. Nessuno ha mai veramente dipinto la nebbia, se non forse, in diverso modo e momenti, Guido Reni e Morandi. Non si dipinge la nebbia, perché confonde la vista. Ci si può immergere, si può essere avvolti nella nebbia. La nebbia non è; ma il non essere è la sua essenza.
Eppure un pittore, come nessun altro, e prima di Turner con il suo «Pioggia, vapore e velocità», riesce a dipingere la nebbia come sentimento, come forma che anima le cose, come luce interiore: è un mantovano, Giuseppe Bazzani, nato nel 1690, pittore di dipinti ecclesiastici, a suo agio con i soggetti biblici ed evangelici, le pale d’altare e, con buon estro e grande fantasia, pronto ad affrontare, da grande scenografo, temi mitologici.
Ai suoi esordi, vicino un pittore estroso e obliquo come Francesco Maria Raineri detto lo Schivenoglia (con il quale si ritrova
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