Una sala della mostra del Reina Sofía dedicata al Dadaismo in Russia, 1914-24. Foto: Joaquín Cortés / Román Lores. Archivio fotografico del Museo Reina Sofía

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Una sala della mostra del Reina Sofía dedicata al Dadaismo in Russia, 1914-24. Foto: Joaquín Cortés / Román Lores. Archivio fotografico del Museo Reina Sofía

La faccia russa del Dada

Contaminazioni tra avanguardie al Reina Sofía di Madrid

Fino al 22 ottobre al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía una grande mostra curata da Margarita Tupitsyn evidenzia il lato dada della fervida stagione delle avanguardie russe dei primi decenni del ’900.

«Il Dadaismo in Russia» presenta al pubblico 500 lavori realizzati tra il 1914 e il 1924, comprendenti 250 tra dipinti, collage e disegni, 73 fotografie, 150 pubblicazioni (riviste, libri, documenti) e 22 film. I 90 artisti rappresentati in mostra sono i protagonisti del Cubofuturismo, del Suprematismo, del Costruttivismo e del Razionalismo russi: tra gli altri, El Lissitzky, Casimir Malevic, Vladimir Majakovskij, Ivan Puni, Aleksandr Rodcenko, Olga Rozanova, Varvara Stepanova, Vladimir Tatlin, Ilia Zdanevich, Natalia Goncarova, Natan Altman, Ivan Kluin, Gustav Klutsis e Valentina Kulagina. Ma siccome molti di questi ebbero rapporti di amicizia e collaborazione con dadaisti dei Paesi europei d’Occidente, la mostra è integrata da opere, tra gli altri, di Francis Picabia, Kurt Schwitters, Man Ray e Tristan Tzara.

Quando si parla di avanguardie russe, non si cita in genere il Dadaismo (caso mai il Futurismo italiano, con cui pure intrattennero fertili rapporti). Invece, le relazioni con il movimento fondato a Zurigo nel 1916 da Tristan Tzara furono molteplici, sia nei fatti che nello spirito. Qualche volta anche anticipandolo, come nel caso della «Vittoria sul Sole», opera teatrale del 1913, con fondali preastratti di Malevic, musica sperimentale di Matjushin e testi dei poeti Kruchenykh e Chlebnikov, in cui affiora quel gusto per l’assurdo e per il nonsense che sarà il cavallo di battaglia del Dadaismo.

All’indomani della rivoluzione del 1917, nell’illusione che in quel caso politica e arte fossero una cosa sola, le campagne di propaganda contro la guerra realizzate da Vladimir Majakovskij, Olga Rozanova e altri, adottarono gli strumenti del collage e del fotomontaggio nello stile dei dadaisti berlinesi. A Berlino, poi, la Galleria der Sturm, sostenitrice del Dadaismo, ospitò in quegli anni mostre della Goncarova, di El Lissitzky, Larionov, Puni e altri artisti sovietici. Un sogno di libertà che naufragherà poco dopo la morte di Lenin, nel 1924, e l’avvento al potere di Stalin.

Una sala della mostra del Reina Sofía dedicata al Dadaismo in Russia, 1914-24. Foto: Joaquín Cortés / Román Lores. Archivio fotografico del Museo Reina Sofía

Guglielmo Gigliotti, 13 agosto 2018 | © Riproduzione riservata

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La faccia russa del Dada | Guglielmo Gigliotti

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