La devozione di Joan Mitchell per Claude Monet

Alla Fondation Vuitton una mostra-dialogo tra le Ninfee dell’artista francese e l’opera di Mitchell fa il paio con una retrospettiva dell’artista statunitense

«No Room at the End» (1977), di Joan Mitchell. © The Estate of Joan Mitchell
Luana De Micco |  | Parigi

La Fondation Vuitton propone la doppia mostra «Claude Monet-Joan Mitchell», dal 5 ottobre al 27 febbraio. Doppia perché in due tempi, da una parte una mostra-dialogo tra le «Ninfee» del padre dell’Impressionismo francese e l’opera dell’artista statunitense, esponente dell’Espressionismo astratto e della Action painting, dall’altra un’ampia retrospettiva, e rara in Europa, di Joan Mitchell.

La mostra-dialogo, circa 60 opere, è stata realizzata con il parigino Musée Marmottan Monet, che ha prestato più di 20 tele. Le «Ninfee» di Monet (1840-1926), opere della maturità, furono apprezzate dagli espressionisti americani, che le consideravano anticipatrici dell’arte astratta, mentre Monet era ai loro occhi pioniere della modernità: «Il principio che Monet ha trovato non risiedeva nella natura, come pensava, ma nell’essenza stessa dell’arte, nella sua capacità d’astrazione», scriveva il critico Clement Greenberg.

Joan Mitchell, che era nata nel 1925, l’anno prima della morte di Monet, e alla fine degli anni ’40 si era avvicinata allo stile di Jackson Pollock, Willem de Kooning e Hans Hofmann, nel 1968 si stabilì a Vétheuil, sulle rive della Senna, poco lontano da Giverny, dove visse Monet. Il legame tra i due artisti era così suggellato.

Per la prima volta a Parigi sono esposte le tre tele de «L’Agapanthe» (1915-26), prestate da tre musei americani, e il ciclo in dieci tele di Mitchell «La Grande Vallée» (1983-84). Nella retrospettiva, realizzata con il Baltimore Museum of Art e il San Francisco Museum of Modern Art, sono allestite 50 opere.

La pittura di Joan Mitchell, ha fatto notare Suzanne Pagé, direttrice artistica della Fondation Vuitton e curatrice generale della rassegna, «è la quintessenza dell’astrazione passando per un paradosso: la mia pittura è astratta, diceva l’artista, ma è anche un paesaggio».

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