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Al centro della ricerca sono gli «anni americani» dello scultore, quelli tra il 1966 e il 1970, quando frequenta Stanford e Berkeley
- Ada Masoero
- 10 marzo 2023
- 00’minuti di lettura


Arnaldo Pomodoro davanti a due «Rotanti» esposti all’esterno dello Staatstheater di Darmstadt nel 1972. Foto Ludwig Pit. Cortesia della Fondazione Arnaldo Pomodoro
La controcultura di Pomodoro nella sua Fondazione
Al centro della ricerca sono gli «anni americani» dello scultore, quelli tra il 1966 e il 1970, quando frequenta Stanford e Berkeley
- Ada Masoero
- 10 marzo 2023
- 00’minuti di lettura
S’intitola «La negazione della forma. Arnaldo Pomodoro tra minimalismo e controcultura» ed è il secondo appuntamento di «Open Studio», ciclo di approfondimenti sull’opera dell’artista, la mostra curata da Federico Giani che si tiene dal 12 marzo al 28 maggio nella Fondazione Arnaldo Pomodoro (con ingresso dal 9 di via Vigevano).
Al centro della ricerca sono gli «anni americani» dello scultore, quelli tra il 1966 e il 1970, quando Arnaldo Pomodoro, prima da artist in residence poi da visiting professor, frequenta Stanford e Berkeley, le università della West Coast dove nascono i movimenti di protesta e i fenomeni della controcultura.
Pomodoro li conosce da vicino e li condivide, colpito dalla loro vitalità e dal loro anticonformismo, e se ne fa interprete, diventando poi il tramite con l’Italia di quel momento culturale. E, sul fronte artistico, si accosta alla grammatica minimalista, seppure conservando la propria indipendenza, e avvia una nuova sperimentazione.
Lo provano le 40 sue opere, tra sculture, grafiche, multipli, disegni, modelli e prototipi, di questa stagione (una delle meno note, sinora, del suo lavoro) esposte in mostra, dai lustri «Rotanti», sfere lucenti di bronzo forate da vuoti e tagli netti, dall’apparenza meccanica, a «Forma X» e «Onda», opere per le quali sceglie la freddezza industriale dell’acciaio cromato, fino ai pannelli dei «Vuoto pieno», in cui esplora lo spazio «negativo» e sonda le potenzialità del linguaggio scultoreo.
Tutte ricerche, queste, che traduce anche nella bidimensionalità di coloratissime grafiche, presenti nella mostra, dove non mancano le fotografie, i filmati e numerosi materiali d’archivio. Insieme, va in scena un gruppo di lavori di artisti americani amici di Arnaldo Pomodoro, come Harold Paris, Sue Bitney, William T. Wiley, Stephen Laub e Arlo Acton.

Arnaldo Pomodoro davanti a due «Rotanti» esposti all’esterno dello Staatstheater di Darmstadt nel 1972. Foto Ludwig Pit. Cortesia della Fondazione Arnaldo Pomodoro