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La collezionista che collezionava collezionisti

Alle aste di arte etnografica le raccolte di due donne: una si riforniva dai migliori mercanti; l’altra si unì a due straordinari connoisseur

Antonio Aimi

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La prossima serie di aste di arte africana e oceanica dà la possibilità ad appassionati, mercanti e musei di rivisitare alcune delle pagine più importanti della storia del collezionismo di arte etnica. Alla metà del mese, infatti, a Parigi sono offerti alcuni capolavori che per i loro pedigree possono essere considerati testimoni privilegiati del nostro rapporto con l’«altro».

Apre le danze Sotheby’s, che il 14 dicembre mette all’asta 72 reperti. I primi 22 provengono dalla collezione di Viviane Jutheau che, in parte, li comprò da famosi collezionisti e mercanti come Paul Guillaume e Charles Ratton. Il 15 è il turno di Christie’s e della casa d’aste Millon, che a Drouot presentano congiuntamente la prima parte della raccolta di Madeleine Meunier, alla cui volontà si deve la collaborazione tra il colosso internazionale delle aste e la maison francese.

Nel complesso sono messi in vendita 106 reperti, ma non c’è dubbio che l’interesse del mercato si concentrerà su un nucleo di 49 opere dell’Africa subsahariana. Madeleine Meunier è nota nel mondo del collezionismo per essere stata moglie di due personaggi che hanno avuto un ruolo fondamentale nella scoperta dell’arte africana: Aristide Courtois e Charles Ratton.

Il primo, funzionario coloniale nell’Africa equatoriale francese, capendo con grande anticipo sui tempi la bellezza dei reperti che quasi tutti i suoi colleghi disprezzavano, aveva portato in Europa centinaia e centinaia di oggetti, che vendeva ai mercanti e ai collezionisti parigini. Charles Ratton, l’«inventore» dell’arte africana, celebrato nel 2013 dal Musée du quai Branly con una mostra, era uno di questi. E proprio dalla frequentazione di Ratton con Courtois nacque l’idillio che spinse Madeleine Meunier ad abbandonare il secondo per risposarsi col primo.

I pezzi più importanti delle due aste sono alla portata di un numero molto ristretto di persone e istituzioni; ma considerando la qualità delle opere, l’importanza delle due raccolte e i casi recenti di pezzi particolarmente apprezzati per il prestigio dei proprietari, si deve dire che le stime di base non sembrano particolarmente alte. Il top lot delle due aste è, per ora, una statua Mbole (Sotheby’s), stimata 600-900mila euro.

Il pezzo più famoso, però, è un poggiatesta Luba Shankadi del Maestro della Capigliatura, un nome che secondo le ricerche di Fagg, Plass e Bassani, in realtà comprende due artisti diversi, il Maestro A e il Maestro B, a cui sono attribuite complessivamente quattordici opere. Gli esperti di Christie’s lo hanno stimato 500-800mila euro. Seguono tre pezzi offerti da Sotheby’s: un reliquiario Kota Ndasa (450-600mila euro) e due statue: una Bangwa (400-600mila euro) e una Lega (400-600mila euro).

Quest’ultima, pur non facendo parte della collezione Jutheau, ha una provenienza che dovrebbe esaltare i collezionisti, perché è stata raccolta in situ tra il 1922 e il 1947. La presenza di opere provenienti da collezioni così prestigiose non ha esercitato, per il momento, un effetto traino sulle stime degli altri pezzi messi in vendita. Basti dire che, dopo una Fang stimata 300-500mila euro, il resto delle opere offerte da Christie’s è compreso tra i 60-80mila euro di una statua Kuyu e i 300-500 euro di una figura Yoruba.

Lo stesso discorso, in parte, vale anche per Sotheby’s, che dopo una serie di opere molto importanti, presenta parecchi reperti con stime comprese tra i 60-90mila euro di un porta-bambini Dayak e i 2-3mila euro di una figurina Bembe.

Antonio Aimi, 12 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

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