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Malick Sidibé alla Fondation Cartier  

Quando il Mali ottiene l’indipendenza, nel 1960, Malick Sidibé è un giovane fotografo venticinquenne che ha imparato il mestiere nello studio fotografico più famoso di Bamako, quello di Guillat-Guignard, noto come Gegé la Pellicule e che sta per aprire il proprio atelier nel quartiere di Bagadadji. È l’inizio di una vicenda creativa straordinaria che porterà Sidibé a divenire la voce, e soprattutto l’occhio, della grande stagione della cultura e della società maliana, narrata attraverso le immagini dei giovani che organizzavano feste interminabili e dei cittadini che andavano a farsi ritrarre nel suo studio. 

Un patrimonio ricchissimo, giunto in Europa intorno alla metà degli anni Novanta, in particolare quando la Fondation Cartier di Parigi dedicò all’allora quasi sconosciuto fotografo una grande personale, che decretò l’inizio di una fama cresciuta esponenzialmente sino alla morte, avvenuta lo scorso anno. Ora la stessa Fondazione omaggia il fotografo con un’imponente retrospettiva dal titolo «Mali Twist», composta di oltre 250 immagini, con un numero imponente di stampe vintage, e accompagnata da numerose iniziative collaterali che vogliono situare la sua figura all’interno del vivace panorama culturale maliano del tempo, in particolare di quello musicale (dal 20 ottobre al 25 febbraio, a cura di André Magnin con la collaborazione di Brigitte Ollier; catalogo Editions Xavier Barral). 

La fotografia di Sidibé si muove senza dubbio tra due generi, da un lato quello del reportage, dall’altro quello del ritratto in studio, ma in entrambi i casi ciò che emerge da queste immagini è l’affresco di una società giovane da ogni punto di vista, in continuo movimento e tesa soprattutto a celebrare la gioia di vivere, derivante certo anche dall’appena conquistata indipendenza. 

Questi elementi sono facilmente riscontrabili nelle serie dedicate alle feste, ai party, ai concerti che hanno reso celebre Sidibé, mentre una sorta di sintesi di questa fotografia e dello spirito dell’autore può essere rinvenuto nelle serie dedicata alle domeniche passate dai maliani sulle rive del Niger, dove il reporter e il ritrattista si fondono mirabilmente nella costruzione di un racconto capace di diventare parte dell’immaginario collettivo di un’intera nazione.

Redazione GDA, 09 ottobre 2017 | © Riproduzione riservata

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