Jakkai Siributr omaggia la resilienza thailandese

Nella sua nuova personale londinese alla Flowers Gallery, l’artista interpreta gli sforzi dei lavoratori nel settore turistico ancora in ripresa dalla pandemia

«BC20» (2023), di Jakkai Siributr
Gilda Bruno |  | Londra

Nella pratica creativa di Jakkai Siributr (1969), i ritagli di tessuto non sono semplici oggetti, bensì simboli intrisi del vissuto di coloro che li hanno stretti o indossati prima che assumessero la loro forma artistica. Con i suoi arazzi caleidoscopici, l’artista si rifà all’organicità del suo medium prediletto, e quindi alla capacità della tela di inglobare, trattenere e raccontare storie, per affrontare il complesso scenario sociale, politico e culturale della Thailandia, suo paese natale, e quello di altre realtà del Sud-est asiatico. 

Lo stesso accade in «Outworn», la sua nuova personale presso la Flowers Gallery di Londra, in apertura il 15 novembre, concepita da Siributr come un’ode alla resilienza dei professionisti del settore dei servizi thailandese, uno dei contesti maggiormente colpito dalle chiusure imposte dal governo locale durante la pandemia.

«In gran parte dipendente dal turismo, la Thailandia ha attraversato lunghi periodi di stagnazione economica i quali, per molti, hanno portato a un periodo di incertezza finanziaria, fisica e psicologica», si legge nel comunicato della mostra. All’apice dell’emergenza, le uniformi proprie delle professioni turistiche, allora in disuso, venivano vendute diventando mezzo di sostentamento per i rispettivi proprietari.

Esposte in concomitanza con «Jakkai Siributr: Everybody Wanna Be Happy», la sua prima grande retrospettiva presso il Chat/The Mills (the Centre for Heritage, Arts, and Textile) di Hong Kong, le cinque opere in mostra a Londra fino al 6 gennaio 2024 restituiscono una nuova vita a quelle divise, intessendole in un mosaico di significati di gran lunga più ampio. Sin dagli esordi della sua carriera, iniziata con «Jakkai On Line», percorso espositivo alla 2 Oceans 23 di Bangkok nel 1998, Siributr con le sue installazioni realizzate a mano ha dato voce ai protagonisti di conflitti sociali e religiosi dell’Asia meridionale e alle storie della diaspora associate a questi ultimi.

Già nel 2021, l’artista aveva lanciato «Phayao-a-Porter», un’iniziativa pensata per supportare lavoratori e assistenti di studio la cui produzione era stata colpita dall’arrivo della pandemia. In quell’occasione, Siributr aveva raccolto indumenti di seconda mano invitando la comunità artigiana della provincia di Phayao, situata nel nord della Thailandia, a reinventarli secondo il proprio gusto attraverso ricami e motivi sviluppati in diretta collaborazione con il suo studio. Gli stessi capi venivano quindi messi in vendita per aiutare la collettività a fare fronte alle difficoltà riscontrate durante il Covid 19 attraverso borse di studio, fondi da dedicare all’assistenza sanitaria e fondi di emergenza.

Confermando il suo impegno nel sociale e l’abilità dell’artista di immaginare mondi a partire da qualsiasi tipo di tessuto, sia esso anonimo o personale (in «8/28: The Singhaseni Tapestries», 2017-18, aveva creato una serie di arazzi ottenuti da vestiti di diversi membri della sua famiglia, tra cui sua madre), «Outworn» rielabora il passato incerto della classe lavoratrice thailandese per lanciare un messaggio di speranza, unione e riconoscenza.

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