Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliRoma. È da più di settant’anni che l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) e i Musei Vaticani collaborano sul fronte del restauro in mille modi ma, incredibile a dirsi, solo oggi, nella sede Iscr al Complesso del San Michele, i rappresentanti delle due istituzioni (presenti la direttrice Iscr Gisella Capponi e il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci, accompagnati dal direttore del Laboratorio di diagnostica per la conservazione e il restauro dei Musei Vaticani Ulderico Santamaria e dalla direttrice della Scuola di alta formazione Iscr Donatella Cavezzali) hanno firmato una vera e propria convenzione generale, «in regime di reciprocità».
Lo scopo è di creare un binario privilegiato dove il treno già rodato della collaborazione sui temi del restauro possa andare a velocità sempre maggiore. Non si tratta di celebrare quanto avvenuto in passato, basti citare i reciproci aiuti di due casi emblematici come le indagini del 1988 sugli affreschi sistini di Michelangelo e quelle più recenti sulle pitture della residenza omayyade di Qusayr ‘Amra’ in Giordania del 2011. Ma di rinnovare e spingere ancora oltre lo scambio di risultati, di esperienze professionali attraverso corsi e tirocini (tra l’altro i Musei Vaticani offrono ai giovani laureati Iscr un bacino di lavoro in cui è riconosciuta la loro alta qualifica, cosa che altrove non sempre avviene), gli studi partecipati, lo sviluppo di metodologie di restauro compatibili (per esempio eliminando sostanze pericolose per la salute dell’uomo e per l’ambiente) e di tecniche innovative: come nel caso del laser a impulso variabile in via di sperimentazione, o come, insieme a un network nazionale di laboratori di diagnostica, nel caso dei leganti delle pitture, dove a brevissimo una start up dell’Università di Tor Vergata a Roma svilupperà nanoprodotti per problemi conservativi specifici. E ancora, nell’ambito della conservazione preventiva attraverso lo studio di modalità e tecnologie per la movimentazione delle opere d’arte, e nell’ambito della prevenzione e conservazione ordinaria, anche tramite protocolli di monitoraggio e manutenzione. La volontà è quella di provare sempre più ad accomunare il bagaglio di conoscenze e saperi, in modo da non ripetere, come ancora oggi avviene, ciò che l’una o l’altra istituzione ha già individuato e sperimentato.
Tra le più recenti collaborazioni, ricordiamo il restauro in corso del Cartone di Raffaello della Scuola di Atene della Pinacoteca Ambrosiana di Milano, e quelli sulle sculture policrome del Museo di arte sacra di Orte e sulla tavola di san Bartolomeo di Palazzo Pitti, «da cui ci aspettiamo molto anche come possibili attribuzioni», spiega Gisella Capponi.
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