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San Lorenzo all’interno della nicchia, particolare, prima dell’intervento di restauro. Foto Paolo Piccioni

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San Lorenzo all’interno della nicchia, particolare, prima dell’intervento di restauro. Foto Paolo Piccioni

Iscr e Musei Vaticani: lavorano insieme da 70 anni, oggi sancita la collaborazione

Federico Castelli Gattinara

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Roma. È da più di settant’anni che l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) e i Musei Vaticani collaborano sul fronte del restauro in mille modi ma, incredibile a dirsi, solo oggi, nella sede Iscr al Complesso del San Michele, i rappresentanti delle due istituzioni (presenti la direttrice Iscr Gisella Capponi e il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci, accompagnati dal direttore del Laboratorio di diagnostica per la conservazione e il restauro dei Musei Vaticani Ulderico Santamaria e dalla direttrice della Scuola di alta formazione Iscr Donatella Cavezzali) hanno firmato una vera e propria convenzione generale, «in regime di reciprocità».

Lo scopo è di creare un binario privilegiato dove il treno già rodato della collaborazione sui temi del restauro possa andare a velocità sempre maggiore. Non si tratta di celebrare quanto avvenuto in passato, basti citare i reciproci aiuti di due casi emblematici come le indagini del 1988 sugli affreschi sistini di Michelangelo e quelle più recenti sulle pitture della residenza omayyade di Qusayr ‘Amra’ in Giordania del 2011. Ma di rinnovare e spingere ancora oltre lo scambio di risultati, di esperienze professionali attraverso corsi e tirocini (tra l’altro i Musei Vaticani offrono ai giovani laureati Iscr un bacino di lavoro in cui è riconosciuta la loro alta qualifica, cosa che altrove non sempre avviene), gli studi partecipati, lo sviluppo di metodologie di restauro compatibili (per esempio eliminando sostanze pericolose per la salute dell’uomo e per l’ambiente) e di tecniche innovative: come nel caso del laser a impulso variabile in via di sperimentazione, o come, insieme a un network nazionale di laboratori di diagnostica, nel caso dei leganti delle pitture, dove a brevissimo una start up dell’Università di Tor Vergata a Roma svilupperà nanoprodotti per problemi conservativi specifici. E ancora, nell’ambito della conservazione preventiva attraverso lo studio di modalità e tecnologie per la movimentazione delle opere d’arte, e nell’ambito della prevenzione e conservazione ordinaria, anche tramite protocolli di monitoraggio e manutenzione. La volontà è quella di provare sempre più ad accomunare il bagaglio di conoscenze e saperi, in modo da non ripetere, come ancora oggi avviene, ciò che l’una o l’altra istituzione ha già individuato e sperimentato.

Tra le più recenti collaborazioni, ricordiamo il restauro in corso del Cartone di Raffaello della Scuola di Atene della Pinacoteca Ambrosiana di Milano, e quelli sulle sculture policrome del Museo di arte sacra di Orte e sulla tavola di san Bartolomeo di Palazzo Pitti, «da cui ci aspettiamo molto anche come possibili attribuzioni», spiega Gisella Capponi.

San Lorenzo all’interno della nicchia, particolare, prima dell’intervento di restauro. Foto Paolo Piccioni

San Bartolomeo, particolare della figura del santo prima dell’intervento. Foto Angelo Rubino

Padre benedicente nella lunetta, particolare, prima dell’intervento di restauro. Foto Paolo Piccioni © ISCR MiBACT

San Lorenzo all’interno della nicchia, particolare, prima dell’intervento di restauro. Foto Paolo Piccioni © ISCR MiBACT

Federico Castelli Gattinara, 31 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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