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In Sicilia le follie di Ligabue e Ghizzardi

Mariella Rossi

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Il Museo Civico Castello Ursino ospita fino al 23 ottobre la mostra itinerante «Museo della Follia. Antonio Ligabue, Pietro Ghizzardi», curata da Vittorio Sgarbi e organizzata da Augusto Agosta Tota con la consulenza scientifica del Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue di Parma e il patrocinio del Mibact. Rispetto all’impianto originale del «Museo della Follia» ideato da Sgarbi, la collaborazione con il Centro Studi Ligabue ha reso possibile la realizzazione di una nuova sezione dedicata a due geniali interpreti del Novecento: Antonio Ligabue (Zurigo, 1899-Gualtieri, 1965) e Pietro Ghizzardi (Viadana, 1906-Boretto, 1986).

Nelle 113 opere esposte emerge il lato selvaggio dell’uomo e della natura. Una trentina i dipinti di Ghizzardi, tra cui «Marilin» del 1968 e «Mina» del 1970, una settantina quelli di Ligabue, tra cui il noto «Re della Foresta» e numerosi autoritratti e una decina di sculture. Articolato in sette sezioni, il percorso restituisce l’evoluzione stilistica dei due artisti e analizza al contempo il tema della follia, che ne ha caratterizzato le vicende biografiche, attraverso opere e documenti di vari autori. Il «Caronte» che introduce il visitatore nei sette gironi di questo inferno della follia è Cesare Inzerillo (Palermo, 1971) che popola lo spazio con bizzarre sculture antropomorfe. Si entra poi nella sala denominata «La griglia», caratterizzata da un accumulo di ritratti anonimi di pazienti, rinvenuti nelle cartelle cliniche di vecchi manicomi.

Le fotografie di Fabrizio Sclocchini documentano invece gli ambienti dell’ospedale psichiatrico abbandonato di Teramo. A ripercorrere la storia della Legge Basaglia sono testimonianze scritte, fotografiche, filmiche e oggettuali di numerosi e disparati reperti provenienti da ex ospedali psichiatrici, dalle camicie di forza agli apparecchi per l’elettroshock e la lobotomizzazione. La mostra ricostruisce dunque un’atmosfera di alienazione e disperazione tentando di fare riflettere il visitatore sul limite, a volte labile, tra pazzia e normalità. A chiudere il percorso è di nuovo l’arte, con una selezione di un centinaio di opere dall’Ottocento a oggi di Giovanni Carnovali, detto il Piccio, Silvestro Lega, Michele Cammarano, Antonio Mancini, Vincenzo Gemito, Vito Timmel, Carlo Zinelli e Bertozzi & Casoni.

Mariella Rossi, 15 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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