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Il video diventa film e mette il turbo

Federico Florian

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Il primo punto del «Manifesto dei Turbo Film», redatto dal collettivo Alterazioni Video, recita: «La prima regola è che non ci sono regole».

Anarchia, contaminazione visiva e scorrettezza politica sono gli ingredienti principali di questo nuovo genere cinematografico, definito da Alterazioni Video come il «risultato di un atteggiamento festivo ed epico verso il mondo». Costumi coloratissimi (a metà tra moda hipster e cultura psichedelica), location insolite (tra cui la cittadina siciliana di Giarre, che contiene il maggior numero al mondo di opere pubbliche incompiute) e musiche improvvisate, spesso composte e suonate dagli stessi attori, compongono l’immaginario orgiastico dei «Turbo Film», che traggono origine da un certo cinema sperimentale e dall’isterismo della cultura della Rete.

Composto da Paololuca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Andrea Masu, Giacomo Porfiri e Matteo Erenbourg (artisti di stanza tra New York e Berlino), il collettivo presenta a Milano, città in cui è stato fondato nel 2004, una retrospettiva sui «Turbo Film» allo Spazio Oberdan dal 19 febbraio al 13 marzo.

Tra i film proiettati «Ambaradan» (2014), ambientato nella Valle dell’Omo in Etiopia, «Surfing with Satoshi» (2013) e «Per troppo amore» (2012), che si è aggiudicato il Premio della Giuria alla rassegna Lo Schermo dell’Arte di Firenze.

La sera del 18 febbraio gli artisti inaugurano la retrospettiva con una performance inedita: una riconfigurazione del tradizionale «incontro col regista», che prevede musica dal vivo e un dadaistico remix dei «Turbo Film».

Un’immersiva installazione, concepita dal collettivo appositamente per il foyer della Cineteca, sarà visibile fino al 13 marzo: dialogando con l’immaginario dei «Turbo Film», l’opera si compone di multiproiezioni, sculture e stampe, parodia del concetto di «Expanded Cinema».

Federico Florian, 10 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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