Il thriller dei Rothschild

Il Museo Ebraico di Vienna ripercorre le travagliate vicende della potente famiglia di banchieri: dal collezionismo d’arte allo scontro con il regime nazista

«Ritratto maschile» di Frans Hals (1650-52) © Liechtenstein. The Princely Collections
Flavia Foradini |  | Vienna

Tra le famiglie più in vista della Vienna tra ’800 e ’900, i Rothschild furono membri dell’alta borghesia ebraica, che portò alla città ricchezza, cultura e arte. Giunsero a Vienna negli anni Venti dell’800, come banchieri e imprenditori, e la loro ascesa proseguì fino all’avvento di Hitler.

Quasi nulla in città ricorda quella dinastia, travolta dal nazionalsocialismo: la grande dimora nella Prinz-Eugen-Strasse fu confiscata nel 1938 e divenne sede fra l’altro dell’Ufficio Centrale per l’Emigrazione degli Ebrei. Venduta dai Rothschild dopo la guerra, fu rasa al suolo nel 1954-55; l’edificio che ne prese il posto ospita uffici pubblici.

Fino al 5 giugno il Museo Ebraico ospita «I Rothschild viennesi. Un thriller», allestendo documenti, mobili, dipinti e fotografie sul ramo viennese della potente famiglia (diramata nelle capitali europee), sui rapporti con politica e società e sullo scontro con il regime nazista.

«Se si approfondisce la storia dei Rothschild a Vienna dall’800 a oggi, spiegano i curatori Gabriele Kohlbauer-Fritz e Tom Juncker, a tratti è un thriller, culminato nel 1938 con un anno di detenzione di Louis Rothschild, un tempo che consentì ai nazionalsocialisti di ricattare la famiglia e spogliarla in vista del futuro Museo del Führer. Dopo la guerra furono oggetto di forti pressioni per lasciare nelle collezioni pubbliche importanti opere di cui avevano subìto la confisca durante il nazismo, in cambio della restituzione di altre. Negli anni ’90 del ’900 furono beneficiari di una tardiva restituzione di opere dalle collezioni pubbliche. Nel 1999 furono tra i primi a beneficiare del mea culpa del Kunsthistorisches Museum: è ancora vivo il ricordo dei mezzi degli spedizionieri davanti al museo per caricare circa 500 oggetti, 224 dei quali furono poi venduti in un’asta record».

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