Il tempo di Harush
BUILDING ospita un percorso ascensionale dell’artista israeliano che dalla pesantezza punta verso la leggerezza mentre riflette sullo scorrere delle stagioni

Diverse per tecnica e natura, deliberatamente polisemiche, e quindi affidate all’interpretazione dell’osservatore, le opere di Shlomo Harush (nato nel 1961 a Gerusalemme, dove si è formato, dal 1998 vive e lavora a New York) sono allacciate le une alle altre dalla riflessione sullo scorrere del tempo, sul cambiamento e il decadimento che accompagna la vita materiale, allo stesso modo in cui modifica la condizione umana. Dal 23 giugno al 17 ottobre BUILDING presenta il suo lavoro attraverso 35 opere degli anni tra il 2002 e il 2023, riunite nella personale «NOW IS THEN AND THEN IS NOW» (titolo, anche, di uno dei suoi magnifici libri d’artista), che occupa i tre livelli espositivi della galleria, in un percorso ascensionale che dalla pesantezza punta verso la leggerezza.
Spettacolare l’incipit, al piano terreno, con la grande opera «Fragile» (2005-2023), un blocco di metallo attraversato da una larga fenditura da cui scaturisce una luce potente (non si può non pensare al verso sempre citato di Leonard Cohen «C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce»). Insieme, c’è «Untitled Horse», 2023, lavoro formato da un insieme di pesi, che fuoriesce dalla galleria. Nell’indagine da lui condotta sugli effetti dello scorrere del tempo sulle cose inanimate, così come sul genere umano, Harush si serve della potenza metaforica di materie ruvide e consunte, dai metalli al gesso, alla carta, percorrendo le traiettorie suggerite da due oggetti dal forte portato simbolico, come i libri e la sedia.
E proprio i libri (seppure evocati attraverso migliaia di vecchie schede della biblioteca del Brooklyn Museum of Art di New York) e una sedia sono fusi nella scultura «32.000 Titles», 2011, in cui le schede portano i segni dell’uso e della consunzione, mentre alludono alla trasmissione e alla condivisione della cultura. Qui, però siamo al terzo livello della galleria, quello dedicato alla carta, mentre nel piano intermedio trovano posto i lavori realizzati con metalli che il tempo, il riuso o l’azione dell’artista hanno modificato, come accade nelle opere meccanizzate della serie «No Title for Now», 2021, in cui materiali organici e industriali sono mossi da meccanismi, esposti al rischio della consunzione o della rottura.
