Il solitario e segreto Szafran

All’Orangerie una sessantina di opere dell’artista francese che lavorò lontano dal fragore del mondo dell’arte, nel silenzio del suo studio

«Atelier de la rue Crussol» (1972), di Sam Szafran (particolare). © Sam Szafran, ADAGP, Paris 2022. Foto: Lala
Luana De Micco |  | Parigi

Fino al 16 gennaio il Musée de l’Orangerie dedica una retrospettiva a Sam Szafran, artista francese di origini ebree polacche, scomparso nel 2019 a 88 anni. «Sam Szafran era un solitario», fa notare il museo parigino in una nota. «Ha attraversato la seconda metà del XX secolo e l’inizio del secolo successivo coltivando senza sosta un forma di insularità», osserva Claire Bernardi, direttrice dell’Orangerie. Per Jean Clair, storico dell’arte e curatore di mostre, tra i primi a studiare il lavoro di Szafran, la sua opera «è tra le più segrete» della seconda metà del ’900.

Nel 1942 sfuggì al rastrellamento del Velodromo d’Inverno a Parigi, ma perse suo padre e diversi membri della sua famiglia nei campi di concentramento nazisti. Autodidatta, nel dopoguerra a Parigi frequentò Nicolas de Staël, Yves Klein e Jean Tinguely. Scoprì i lavori di Hantaï e Dubuffet e realizzò le prime opere astratte prima di tornare al figurativo.

Si iniziò alla tecnica di Edgar Degas, grande maestro del pastello, e all’acquarello. Alberto Giacometti divenne suo maestro. Szafran lavorò soprattutto lontano dal fragore del mondo dell’arte, nel silenzio del suo studio. Tra i temi prediletti le scale, le serre, il fogliame e l’atelier. Szafran deforma e decostruisce la prospettiva in spazi ermeticamente chiusi su sé stessi, poi più aperti, dando vita a molteplici piani temporali. Allestendo circa 60 opere, il museo si concentra sulle principali serie, tra cui «L’atelier della rue Crussol» (1969-72), «La stamperia Bellini» (1972-76) e i più recenti «Paesaggi urbani» (1997-2014).

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