Il sito di Karkemish tagliato dal confine

Un parco archeologico tra Turchia e Siria dove scava la missione diretta da Nicolò Marchetti

La visita dello scorso mese al sito di Karkemish in Turchia
Giuseppe Mancini |  | Karkemish

La missione archeologica italo-turca attiva a Karkemish sulla frontiera turco-siriana, diretta dal professor Nicolò Marchetti dell’Università di Bologna, ha completato la sua ottava campagna di scavi e ne ha presentato i risultati, importanti, in una conferenza stampa a Gaziantep e poi nel corso di una visita.

Il sito nei pressi della moderna Jarabulus e dell’Eufrate è stato abitato sin dal VI millennio a.C. sull’acropoli, ha vissuto il suo apogeo sotto gli Ittiti e poi come regno indipendente tra il 1330 e l’VIII secolo a.C. prima di esser conquistato in successione da Assiri e Babilonesi e dopo una fase romana è stato abbandonato in epoca bizantina. Nella storia dell’archeologia rivaleggia per rilevanza scientifica con Ebla, Hattusa, Ninive e Ur.

Parzialmente scavato dal British Museum subito prima e subito dopo la Grande guerra (dell’équipe ha fatto parte Thomas Edward Lawrence, Lawrence d’Arabia), si è ritrovato diviso nella sistemazione postbellica, 55 ettari con la cittadella in Turchia, un’area invece più limitata in Siria, e soprattutto trasformato in avamposto militare.

Solo nel 2011, dopo un indispensabile sminamento, gli archeologi vi hanno potuto fare ritorno, esclusivamente in territorio turco: sfortunatamente, proprio alla vigilia di una nuova guerra in Siria; hanno però perseverato nelle loro esplorazioni, con l’aiuto delle istituzioni locali e di qualche sponsor privato come la Sanko e la Mapei.

La campagna del 2019, due mesi da maggio a luglio, ha portato alla scoperta di due palazzi del XIII secolo a.C. destinati all’amministrazione, quando Karkemish era la capitale di un viceregno ittita appannaggio del figlio dell’imperatore; in uno degli edifici sono state rinvenute centinaia di bullae di argilla, con impressi i sigilli di alti funzionari (tra cui è stato individuato il principe Taya), che offrono agli studiosi dettagli preziosi sui meccanismi della burocrazia di corte.

Sono continuati i lavori sull’acropoli, nel grande palazzo costruito probabilmente dal re ittita Suppiluliuma I appena dopo la conquista del 1330 a.C.; mentre nella necropoli di Yunus che risale all’età del Ferro del VII-VIII secolo a.C., incredibilmente sotto l’area del cimitero moderno, sono stati rinvenuti dei corredi funerari considerati «straordinari»: crateri, fibule, perline di collane, sigilli a forma di scarabeo.

La missione italo-turca ha però obiettivi ulteriori rispetto alla ricerca scientifica, tesa a documentare la stratificazione urbana del sito. Il suo approccio integrato prevede infatti sia restauri conservativi (quest’anno sono stati trattati chimicamente i mattoni di fango e sanate le crepe di pavimenti e muri) sia la fruizione del pubblico, compresi potenziali turisti.

E infatti, dal mese di luglio Karkemish è diventato un parco archeologico, dotato di pannelli informativi sulla storia millenaria e sul presente conflittuale del sito e sentieri di visita in ghiaia ben delimitati che conducono in tutte le aree. Mancano ancora i visitatori, in attesa che nell’area scoppi la pace.

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