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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliVenezia. Reduce dalla conferenza tenutasi ieri pomeriggio allo Iuav (con un empatico excursus dell’intera carriera fotografica) David LaChapelle ha presentato stamattina alla stampa «Lost + Found», la retrospettiva a lui dedicata, fino al 10 settembre, negli spazi della Casa dei Tre Oci. Oltre 100 lavori, dagli anni Ottanta a oggi e un’anteprima assoluta di 11 scatti della nuova serie «New world» realizzata negli ultimi quattro anni. L’ambientazione è una sorta di eden (l’isola di Maui, alle Hawaii, dove LaChapelle attualmente vive); il risultato: un «sogno esotico, un luogo di desiderio liberato dall’alienazione», afferma Reiner Opoku, cocuratore accanto a Denis Curti, frutto d’una riflessione interiore attraverso una nuova spiritualità, alla ricerca d’una felicità possibile, d’un mondo migliore.
Il curatore Denis Curti, direttore artistico della sede espositiva veneziana, ci restituisce una lettura completa del progetto e del nuovo percorso intrapreso dall’artista.
Come s’inserisce la scelta di LaChapelle nella programmazione dei Tre Oci?
La politica della Casa dei Tre Oci è sempre stata quella di non sposare mai un unico tipo di fotografia. Siamo interessati a presentare questo linguaggio «a tutto campo» in una città che vede molti spazi dedicati all’arte, contemporanea e non solo. Per noi è importante portare sia i grandi maestri dedicandovi una volta all’anno una grande mostra (tra quelle passate: Elliott Erwitt, Sebastião Salgado, Gianni Berengo Gardin, Helmut Newton) sia dare voce a proposte di ricerca come quella dal titolo «Artico» (appena conclusa e dedicata al tema d’un paesaggio problematico, fortemente compromesso) o come quella di René Burri e Ferdinando Scianna. Molte mostre sono il frutto di nostre autonome produzioni.
Quest’ultima proposta si deve a un incontro con David e al suo desiderio di realizzare un’iniziativa a Venezia, in questi spazi che aveva avuto modo di visitare e apprezzare molto. L’occasione poi di presentare in anteprima mondiale la nuova serie «New world» ci sembrava imperdibile. Si tratta di un lavoro affascinante e complesso. LaChapelle è conosciuto per le sue provocazioni, per le sue esagerazioni, per i suoi colori forti, per i suoi nudi provocanti, sempre legato al tema dell’eccesso. Quando ho visto questo corpus in anteprima assoluta sono rimasto colpito al punto tale che la retrospettiva comincerà proprio con il nuovo lavoro e seguirà poi un andamento al contrario.
Che cosa incontra quindi il visitatore in questo percorso à rebours?
Partirà con 11 fotografie selezionate da David dalla serie «New world» e poi tornerà indietro fino ai primissimi lavori. 18 capitoli in tutto per altrettanti momenti della sua produzione distribuiti nei tre piani della Casa dei Tre Oci. Ci sarà una parte dedicata a Gas Station and Land Scapes, dove con materiali poveri LaChapelle ricostruisce centrali nucleari ed elettriche, la parte dedicata agli annegati, alla moda.... Ho voluto introdurre ogni capitolo con 18 testi nei quali cerco di offrire al visitatore dati e strumenti critici.
In tutto 109 fotografie selezionate insieme a David e a Reiner Opoku. La selezione è stata frutto di una discussione abbastanza complicata.
Nella ricerca di LaChapelle come si colloca «New world»? Quali i temi e il messaggio sotteso?
«New world» tende alla sintesi assoluta. Pur ricorrendo sempre a colori forti è un lavoro di semplificazione del mondo facendo riferimento a un immaginario pittorico e fotografico molto essenziale. Nella fotografia si rifà ad esempio al barone Von Gloeden, nei primi del Novecento, agli ex voto. Ci sono anche nudi, ma emergono al contempo una castità, una leggerezza mai viste prima. Vi è addirittura un intervento manuale nelle fotografie ed è la prima volta che compare: David lavora con colla e forbici. Vi è quindi il tema dell’elaborazione e anche un’idea di fisicità. Si tratta d’una sorta di ritorno forte a un’idea di fotografia quasi scomparsa perché oggi la fotografia è un dato digitale.
Io credo che David sia dotato di un particolare strumento interiore capace di cogliere i turbamenti delle società, i cambiamenti, di anticiparli. Sino ad ora ci ha raccontato una società sempre all’eccesso. Qui invece emerge un bisogno d’intimità fortissimo: ci sono figure celestiali, paradisiache. È come se David avesse voglia di trovare una dimensione più spirituale, interiore, di ricerca tant’è che in un primo momento sembrava non volesse mischiare i lavori legati alla pubblicità, alle celebrities, al fashion system. Abbiamo discusso: a mio avviso era invece necessario presentare anche immagini fortemente riconoscibili legate alla Factory di Andy Warhol e quindi i grandi ritratti di Michael Jackson, Madonna… Lui su questo era reticente. Il risultato è una mostra dal forte carattere, capace di restituire il percorso progettuale di David che sta vivendo un momento felice. Fotografo, filmaker, artista, è assolutamente coerente con tutto ciò che fa e la stessa coerenza la vedremo in mostra. «Lost + Found» sarà lo specchio di un uomo che ha cominciato a lavorare con una logica seriale (egli stesso parla di pagine dei giornali come muri di gallerie che un tempo voleva riempire). Oggi questa vitalità è quella di un uomo più maturo e si concentra su una nuova serie che è un lavoro «a togliere», quasi egli si rendesse conto che per comunicare certi concetti non è necessario urlarli provocando, bensì esprimerli nel modo più semplice possibile. Erroneamente David, come Newton, viene considerato un fotografo superficiale; in realtà è un autore che come pochi altri è riuscito a cogliere la contraddittorietà della nostra contemporaneità sapendo metterla in scena.
Qualche anticipazione sulla programmazione futura?
La prossima mostra sarà dedicata a Werner Bischof, fotografo svizzero scomparso prematuramente, tra i primi ad aderire all’agenzia Magnum, con 250 fotografie originali e un capitolo speciale dedicato all’Italia. Seguirà Fulvio Roiter, fotografo di Venezia per eccellenza con una selezione di circa 300 scatti. Questo va a completare l’offerta espositiva di cui parlavamo all’inizio: grandi maestri per un pubblico internazionale alternati a mostre più colte e raffinate, di nostra produzione che poi vogliamo diffondere poiché il nostro è un centro internazionale di fotografia che vuole proporsi anche come produttore culturale.

Denis Curti, curatore della mostra di David LaChapelle alla Casa dei Tre Oci

David LaChapelle, «Seismic Shift», 2012 ©David LaChapelle

David LaChapelle, «News of Joy», 2017 ©David LaChapelle

David LaChapelle allo Iuav di Venezia
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