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Nella sede svizzera della galleria Monica De Cardenas la storia dell’arte ha ispirato tre artisti protagonisti di un percorso tanto evocativo quanto originale
- Ada Masoero
- 06 gennaio 2023
- 00’minuti di lettura


«In the Woods after Titian» di Uwe Wittwer (2022, particolare)
Il museo immaginario di Elsner, van Ofen e Wittwer
Nella sede svizzera della galleria Monica De Cardenas la storia dell’arte ha ispirato tre artisti protagonisti di un percorso tanto evocativo quanto originale
- Ada Masoero
- 06 gennaio 2023
- 00’minuti di lettura
Per inaugurare la nuova stagione invernale della sua galleria di Zuoz, in Engadina, Monica De Cardenas ha scelto di riunire nella mostra «Musée Imaginaire» i lavori di tre artisti ben noti sulla scena internazionale, Uwe Wittwer, Michael van Ofen e Slawomir Elsner (fino all’11 marzo).
Svizzero il primo, di Zurigo, dov’è nato nel 1954; tedesco il secondo, nativo di Essen (nel 1956) e attivo a Düsseldorf; polacco di nascita (a Wodzislaw, nel 1976) ma basato a Berlino il terzo, i tre artisti sono accostati in questo percorso perché, ognuno nel proprio linguaggio, condividono tutti l’oscillazione tra i poli dell’astrazione e della figurazione, e tutti fanno riferimento alla storia dell’arte, evocando nei loro lavori opere famose della nostra tradizione.
Suggeriscono così nuovi sguardi e chiavi di lettura inedite, in un invito a ridefinire le nostre abitudini visive. Nei dipinti, negli acquerelli e nei disegni a carboncino di Uwe Wittwer, uno dei più affermati pittori contemporanei svizzeri, tratti da immagini pittoriche (di Tiziano, Bellini, Poussin...) da lui rilette e rielaborate, la realtà entra in conflitto con la sua rappresentazione (il vero tema, questo, della sua ricerca), fino a «sciogliersi» in un’indefinitezza sfuggente e perciò lievemente ansiogena.
Michael van Ofen, da parte sua, smaterializza l’immagine (paesaggio o figura umana che sia) fino a raggiungerne i tratti essenziali, servendosi della tecnica insidiosa, ma da lui perfettamente padroneggiata, del bagnato su bagnato, e attingendo a un serbatoio vasto d’immagini, dall’arte antica a quella dell’800, fino al concettualismo del secolo scorso.
Slawomir Elsner, infine, fa affiorare da un fitto tratteggio colorato immagini fantasmatiche (dal «Bacchino malato» di Caravaggio al «Fanciullo con disegno» di Caroto) di cui s’indovinano le sagome familiari, senza poterle però identificare con certezza: una sfida avvincente ma anche frustrante, sciolta poi, seppure ellitticamente, dai titoli.

«Self-portrait as Bacchus (Young Sick Bacchus)» di Slawomir Elsner (2022, particolare)