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Il minareto di Mosul come quello di Aleppo

Mattia Guidetti

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La lista delle atrocità contro i beni culturali commesse in Siria e Iraq dal 2003, e intensificatesi con la fondazione del surrettizio Stato Islamico nel 2014, si è allungata ulteriormente.

Il 22 giugno, i media hanno rilanciato la notizia, corredandola con fotografie e video, della distruzione della Moschea al-Nuri di Mosul (Iraq). Più precisamente, osservando le immagini, a essere stati demoliti sono stati la sala di preghiera (ad eccezione della sala cupolata posta davanti al mihrab) e il minareto della moschea.

La moschea deve il suo nome al fondatore, Nur al-Din (padre di Saladino), che tra il 1170 e il 1172 stanziò 60mila dinari e affidò la supervisione dei lavori a un locale maestro sufi, ’Umar al-Malla. La moschea fu oggetto di numerosi restauri, venendo completamente ricostruita tra il 1945 e il 1950. Della costruzione del XII secolo, studiata in passato da Herzfeld, al-Daiwaji e Tabbaa, prima delle esplosioni del 22 giugno non rimanevano dunque che frammenti della decorazione, conservati al Museo di Mosul e al Museo Nazionale di Baghdad, e, ancora in situ, il famoso minareto pendente, uno dei simboli del profilo cittadino. Il minareto è quindi la vittima illustre di quest’ultimo scempio perpetrato contro i beni culturali iracheni.

Si trattava di una torre cilindrica di circa 45 metri appoggiata su una base quadrangolare. Edificato in mattoni, il minareto terminava con una cupola posta appena sopra a un balconcino (sostituito a inizio Novecento) che permetteva di sporgersi dalla sommità. La facciata esterna della torre era suddivisa in sette registri decorati con composizioni geometriche. La decorazione adottava la tecnica del «hazar-baf», una procedura, diffusa al tempo tra i Selgiuchidi d’Iran, che impiega lo stesso materiale di costruzione, il mattone, per creare intrecci, modulare e dare ritmo alla superficie dell’edificio.

L’esplosione del minareto della moschea al-Nuri di Mosul rievoca la distruzione del minareto della Grande Moschea di Aleppo, datato al 1090, avvenuta il 24 aprile 2013. Le due torri, diverse per impostazione artistica (una echeggiante la tradizione mediterranea e l’altra quella iranica) erano entrambe testimoni della grande creatività architettonica del medioevo musulmano. Lungi dall’essere perniciose per i soli beni culturali del periodo precedente all’Islam (Palmira, Hatra solo per citare due siti), le guerre attualmente in corso in Siria e in Iraq contano tra le loro vittime anche i beni culturali di epoca islamica, beni indispensabili per lo studio del passato e per la formulazione di un senso identitario, sia esso cittadino, nazionale o sovranazionale per l’intera comunità musulmana.

Mattia Guidetti, 06 luglio 2017 | © Riproduzione riservata

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Contrariamente all’opinione diffusa non è né iconoclasta, né aniconica, né ornamentale, né immutata nei secoli, né esclusivamente religiosa

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