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Il litorale dell'isola di Salina come appare oggi

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Il litorale dell'isola di Salina come appare oggi

Il massacro delle Eolie

Spiagge sparite (compresa quella di «Il Postino» con Troisi) mentre si costruisce un porto inutile. Bocciato anche dall’Unesco

La splendida spiaggia di Pollara nel Comune di Malfa a Salina, nelle Isole Eolie, resa famosa 25 anni fa dal film «Il Postino» con Massimo Troisi, non esiste più e il costone roccioso che incornicia la sua baia sta crollando. La sabbia dorata è stata portata via dalle onde e dalle correnti, non più protetta dalla barriera naturale della folta prateria subacquea di posidonia, fondamentale per l’ecosistema.

Sotto accusa per la distruzione sono le centinaia di barche di ogni dimensione che dovrebbero restare ad almeno 200 metri dalla battigia e, invece, si affollano senza controlli verso riva nonostante i divieti: sono tra le cause maggiori del degrado di coste e arenili, non solo nelle Eolie. Da anni a Pollara è anche proibito fare il bagno perché le alte falesie stanno cedendo ed è a rischio non solo la vita dei turisti in mare ma anche la sicurezza degli abitanti di Malfa, in cima alla costiera a picco.

La sindaca Clara Rametta afferma che un progetto inviato alla Regione Sicilia nel 2017 per il ripristino dell’arenile (costo 4,2 milioni di euro) è rimasto senza risposta. A Salina alcune strade che uniscono i vari centri abitati sono intransitabili, franate o chiuse. Le isole Eolie (Lipari, Salina, Stromboli, Vulcano, Filicudi, Alicudi e Panarea) dal 2000 sono sito Unesco Patrimonio dell’Umanità: incantevoli ma fragili, avrebbero bisogno di attenta protezione. Invece sembra che i diversi Comuni, spesso piccolissimi, si dedichino soprattutto al loro sfruttamento.

Nel 2007 le Eolie erano già finite nella «black list» dell’Unesco per il dilagare delle cave di pomice a Lipari, tra il disinteresse di Comuni e Regione Sicilia. Le «cave della vergogna» furono poi chiuse dalla magistratura. Adesso sulle Eolie incombono altre gravi minacce: nel 2018 Legambiente e Touring Club avevano premiato la qualità del mare con il massimo delle 5 vele, ma nel 2019 sono state declassate e hanno perso una vela.

Ancora più grave, si teme una nuova iscrizione nella «black list» che prelude alla cancellazione come sito Unesco per un progetto, vietato dal Piano Paesistico regionale: un maxi porto turistico per 200 yacht, che stravolgerà l’equilibrio dell’intero ecosistema di Salina con una colata di cemento, progetto bocciato anche dalle associazioni ambientaliste. Fin dal 2008 l’allora presidente della Commissione Unesco per l’Italia, Giovanni Puglisi, aveva respinto quella ipotesi che violava regole e accordi con l’Unesco.

Per l’attuale direttore della Fondazione Patrimonio Unesco della Sicilia, Aurelio Angelini, «il secondo porto a Salina è un’opera inutile, dannosa e controproducente, un modello economico basato sul ciclo del cemento in contrasto con lo sviluppo sostenibile previsto dall’Unesco per il mantenimento delle Isole Eolie nella lista del Patrimonio mondiale». Ma la cosa incredibile, afferma Angelini, è che l’Unesco non sia stata mai ufficialmente informata del progetto. La costruzione dovrebbe avvenire davanti alla costa di Leni, Comune di 600 abitanti dove esiste già un molo al quale attracca anche l’aliscafo.

Il presidente di Legambiente Sicilia, Gianfranco Zanna, spiega che nel frattempo quel progetto, affidato a un’impresa di Messina, è stato approvato dalla stessa Regione Sicilia e costerà ben 60 milioni di euro, 16 dei quali già arrivati per i primi lavori. Eppure un grosso porto a Salina esiste già e Zanna commenta: «Come si fa a realizzare un secondo porto lontano appena 4 miglia nautiche, dieci minuti di barca, dall’altro che per la gran parte dell’anno è vuoto?».

Riccardo Gullo, promotore del progetto e sindaco di Leni, uno dei tre Comuni di Salina, afferma che non si tratta di un «porto turistico» ma di una «darsena turistica» e che tutte le autorizzazioni sono state ottenute, compresa quella della Soprintendenza ai Beni culturali di Messina. Un pesante atto d’accusa è quello di Pietro Lo Cascio di Legambiente Lipari: «Se mancano i soldi per sanare situazioni disperate come la scomparsa della spiaggia di Troisi, le gravi responsabilità sono dei quattro sindaci delle Eolie. Diciannove anni dopo l’inserimento delle isole nella Lista del Patrimonio Unesco, non hanno ancora creato un ente gestore, l’unico che può legalmente ricevere i finanziamenti del Governo».

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Tina Lepri, 13 luglio 2019 | © Riproduzione riservata

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