S’intitola «La Sfida», è un’opera lunga 17 metri ed è, in apparenza, uno scontro tra due eserciti di soldatini. In realtà il suo autore, Aldo Spoldi (Lodi, 1950), attraverso queste figurette in lotta (i pedoni di una scacchiera, bianchi e neri, rigidi e irreggimentati, e la truppa un po’ approssimativa ma coloratissima e giocosa dell’Accademia dello Scivolo), ha tracciato in filigrana la storia del suo percorso lungo i sentieri dell’arte.
Perché i pezzi degli scacchi rinviano al padre del Concettualismo (ma, ai propri occhi, principalmente scacchista) Duchamp, mentre i soldati ben poco credibili e alquanto clowneschi che vi si contrappongono, muovendosi sulla verde azzura «Vascavolano», fanno capo a un’Accademia molto ludica, quella dello Scivolo appunto (motto: «qui non si lavora, si gioca»), «istituita» nel 2007 nei pressi di Lodi, in aperta opposizione all’Accademia di Belle Arti di Brera.
In mezzo, a dividere i contendenti, un irrispettoso wc da cui fuoriesce un improbabile fungo atomico. Nulla di cui preoccuparsi, però, perché le «armi» di cui i soldati sono dotati sono quelle del gioco, del corteggiamento, dell’amore, dell’amicizia. Tanto che, lungi dal provocare vittime, lo scontro genera invece un giocattolo, che prontamente schizza via dalle linee dei contendenti.
Insomma, uno scontro patafisico con cui Aldo Spoldi, nato artista concettuale ma presto affrancatosi dalle rigidità di quella corrente d’arte e di pensiero, racconta sé stesso e il suo itinerario artistico e umano. Alla base, il desiderio di libertà assoluta che spinge Spoldi a rifiutare la costrizione stessa del quadro e a evolvere in forme inaspettate, come in questo lunghissimo «fregio» presentato dal 9 febbraio al 30 marzo dall’Associazione Culturale Bianca Pilat e commentato in catalogo da Angelo Spettacoli, Gabriele Perretta e Aldo Spoldi.
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