Il Covid fa «saltare» Arte Fiera

Mentre la cabina di regia sta valutando uno spostamento ad aprile, pubblichiamo l’intervista a Simone Menegoi, confermato direttore per i prossimi due anni, raccolta durante la preparazione dell’evento

Simone Menegoi. Foto Valentina D’Accardi
Valeria Tassinari |  | Bologna

La terza edizione di Arte Fiera avrebbe dovuto svolgersi in presenza dal 21 al 23 gennaio sotto la direzione di Simone Menegoi dopo l’esordio nel 2019, il consolidamento nel 2020 e l’inevitabile versione digitale (con il progetto culturale Playlist) del 2021. In anni non facili anche prima della pandemia, Menegoi ha unito le sue intuizioni di curatore di respiro internazionale alla conoscenza critica del panorama italiano, per cercare di rilanciare l’identità della storica fiera bolognese, un’identità «affettivamente» resistente ma un po’ appannata. Lo abbiamo incontrato in piena fase preparatoria, ma già confortato dall’adesione di 145 gallerie, diverse delle quali rientrate negli stand di Bologna dopo un periodo di assenza. Giocavano a favore di buoni pronostici la spinta delle prime fiere in presenza tenutesi nell’ultimo trimestre del 2021, ma anche la credibilità riconquistata e la sincera voglia di artisti, galleristi, collezionisti e pubblico di ritrovare nell’appuntamento bolognese la qualità propositiva e l’attenzione ai singoli autori che si sono viste in passato, nelle migliori annate.

Simone Menegoi, la sua riconferma alla direzione artistica di Arte Fiera per le edizioni 2022 e 2023 segna il consolidamento di una linea di ridefinizione del profilo della manifestazione bolognese. Arte Fiera è stata vicina alle gallerie nei momenti più difficili, ad esempio restituendo interamente le caparre quando si è trasformata in online e favorendo nuovi ingressi al momento del ritorno in presenza. Quali sono ora gli obiettivi che questa continuità e questa relazione di fiducia vi consentiranno di perseguire? Quali innovazioni saranno introdotte?
La ringrazio per aver sottolineato la vicinanza di Arte Fiera alle gallerie nel 2020 e ’21. Credo che abbiamo gestito questo difficile passaggio (compresa la cancellazione dell’edizione 2021) in modo responsabile e trasparente, e ciò non è passato inosservato. La fiducia e la benevolenza guadagnate nell’ultimo anno e mezzo si traducono in una lista di gallerie per il 2022 in cui tutti i graditi arrivi del 2020, da Giorgio Persano a Richard Saltoun, sono confermati, e possiamo festeggiarne numerosi altri: da Bottegantica a Niccoli, da Francesca Minini a Enrico Astuni. Dal mio arrivo, nel giro di due edizioni, è cambiato praticamente tutto: la struttura della fiera, le regole espositive, il programma di eventi collaterali, il comitato di selezione, perfino i padiglioni e l’ingresso. Nel 2022 vorremmo dare al pubblico il tempo di assimilare tutti questi cambiamenti, ribadendo tutto ciò che finora ha funzionato. Ciò non significa che non ci saranno altri passi in avanti, primo fra tutti un allestimento degli stand completamente rinnovato, più elegante e curato. E poi, naturalmente, scoprirete una nuova commissione d’artista, nuove performance, due nuovi premi, e così via.

Il ritorno delle fiere in presenza ha registrato dati positivi, ben oltre le aspettative. Quale tra le fiere in presenza che ha visitato ha funzionato meglio dal suo punto di vista? Ci sono stati dei cambiamenti evidenti nelle scelte (display, proposte, eventi collaterali) o sostanzialmente tutto è tornato come prima, e proprio questo è stato il valore aggiunto?
Ho apprezzato la Fiac di Parigi, che ha gestito bene il forzato cambio di sede. Il Grand Palais provvisorio, eretto in quattro e quattr’otto nello Champ de Mars, è un contenitore efficiente e perfino elegante. Inoltre ha saputo riproporre in modo credibile i propri classici, da una selezione di gallerie che tiene insieme i big e gli emergenti senza deroghe alla qualità, fino alle commissioni «hors les murs». Certo, a parte le mascherine e i controlli sanitari all’ingresso, è stata un’edizione più nel segno della continuità che della svolta; ma forse è proprio di questo che avevamo voglia, e bisogno, dopo un anno e mezzo senza fiere. Lo prendo come una conferma che l’approccio alla prossima edizione di Arte Fiera, teso più a offrire dei punti di riferimento certi che a stupire a tutti i costi, è quello giusto.

Ci si chiede spesso se la pandemia abbia cambiato qualcosa nelle opere degli artisti. Al di là dei contenuti e dei messaggi più o meno espliciti, si può dire che nel sistema di produzione e condivisione dell’arte, tra isolamento e rete immateriale di relazioni, si avverta un effettivo cambiamento rispetto agli standard stilistici e relazionali precedenti?
Forse mi sta sfuggendo qualcosa, ma ho l’impressione che gli effetti a breve termine della pandemia non siano quelli che ci si sarebbe potuti aspettare: non una spinta verso la smaterializzazione dell’arte o la sua fruizione a distanza ma, al contrario, la necessità pressante di sperimentarla dal vero, direttamente; non la fatica, ma il piacere di tornare a incontrarsi e vedersi. Semmai, la lunga pausa forzata ci ha resi consapevoli di quanto fosse innaturale e forzato il ritmo del mondo dell’arte, e ha fatto nascere il proposito di fare, e di vedere, meno, ma meglio: essenzialità vs bulimia. Un bell’obiettivo, ma vedremo se saremo capaci di mantenerci fedeli ad esso.

Partendo dall’osservatorio di Arte Fiera, ma spingendosi fuori dal perimetro del mercato, quali sono i progetti di Simone Menegoi come curatore? C’è un’idea, un sogno o un progetto in corso?
La voglia di riprendere il filo del mio lavoro di curatore non è mai venuta meno, e le idee e i progetti non mancano. E non è affatto detto che siano incompatibili con il mio lavoro come direttore di fiera. Spero di riuscire a offrivi presto qualche bella sorpresa.

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