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La copia del «Seppellimento di Santa Lucia» di Caravaggio esposta al Mart

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La copia del «Seppellimento di Santa Lucia» di Caravaggio esposta al Mart

Il clone perfetto. Chi decide usi leciti e illeciti

Del «Seppellimento di Santa Lucia» di Caravaggio esistono l’originale (nella chiesa di Siracusa per la quale fu dipinto, fuori dai circuiti turistici) e due copie in tournée per mostre in Italia e all’estero

Esattamente un anno fa si discuteva animatamente del viaggio intrapreso dal «Seppellimento di Santa Lucia» di Caravaggio verso il Mart di Rovereto, interrotto a causa del Covid-19 con il ritorno del quadro a Siracusa: non in Ortigia, bensì nella sede originaria della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro, in «terraferma».

Tra i vari fuochi d’artificio che hanno accompagnato il prelievo, il prestito, il ritorno, il declamato restauro (rivelatosi non utile, perché il quadro era in ottima salute) ce n’è stato uno che ancora rimane una questione irrisolta: la copia, anzi le due «riproduzioni digitali» così perfettamente identiche all’originale da meritare l’appellativo di «cloni».

Dopo il ritorno a Siracusa, quando si sono spenti i riflettori sulla vicenda, l’oblio è calato sul dipinto, che infatti resta negletto e isolato nella Basilica, senza una vera valorizzazione: nessuna adeguata informazione ai turisti, quando arrivano a Siracusa, che il capolavoro si trova nell’antica chiesa lontana dal centro turistico di Ortigia (ma non distante dal Museo Archeologico Regionale «Paolo Orsi», Ndr), e nessun servizio efficiente di navette che porti nella borgata i visitatori.

Al momento, manca ogni fondamento a una concreta pianificazione di turismo culturale: adeguata musealizzazione, segnaletica, informazione, comunicazione. Il silenzio avvolge non solo l’opera, ma anche le due copie/clone, realizzate dal Mart per scopi «scientifici e di supporto al restauro dell’opera». Le copie sarebbero cioè servite ai restauratori dell’Istituto Centrale per il Restauro (Icr) di Roma come documentazione di confronto con il precedente restauro e per futuri check up dell’opera. Invece le due copie sono in tournée per mostre in Italia e all’estero (una è nella Cavallerizza di Lucca per la mostra «I Pittori della Luce. Da Caravaggio a Paolini», fino al 2 ottobre). Con grande successo (anche economico) per gli organizzatori: sono la «copia perfetta» di una delle opere più celebri di Caravaggio.

Da questa vicenda la città di Siracusa (e l’intera Sicilia) esce depotenziata e danneggiata sotto il profilo culturale, economico e dell’immagine. Quale interesse ha un turista internazionale (ma anche italiano) a venire a Siracusa per vedere l’opera di Caravaggio quando può agevolmente vederla nelle mostre di tutto il mondo? A Malta, solo per fare un esempio, non si sognano né di concedere in prestito la «Decollazione di San Giovanni», né tantomeno di fare delle copie che vadano in giro per il mondo.

Se vuoi vedere l’opera del Caravaggio devi recarti a Malta, pagare 18 € di biglietto, appagato nell’animo e felice di aver contribuito al mantenimento economico della Chiesa e della città, grazie al ricco indotto turistico. Ma se l’Italia ha ratificato la Convenzione di Faro, che esprime una visione estremamente più ampia di patrimonio culturale (passando dal «diritto del patrimonio culturale» al «diritto al patrimonio culturale»), sono tutti i cittadini, le comunità locali e i visitatori ad assumere un nuovo ruolo nelle attività di conoscenza, tutela, valorizzazione e fruizione, e perfino di proprietà.

È evidente, quindi, che il «Seppellimento» di Siracusa, in quanto «fonte condivisa di ricordo, comprensione, identità, coesione e creatività», appartiene di fatto e di diritto alla città di Siracusa e alla Sicilia, alla sua dimensione culturale, religiosa ed etica. Su queste basi, sorgono domande in merito all’adeguatezza del sistema normativo contenuto nel Codice dei Beni culturali per la regolamentazione dei diritti sulle riproduzioni dell’opera, che fino a tempi recenti comprendevano copie, modelli, calchi e riproduzioni di tipo «tradizionale», ma che adesso, grazie alle più recenti tecnologie (rilievi, scansioni e fotografie ad altissima precisione e risoluzione, stampanti 3D laser...), sono da più parti riconosciute come «cloni». Parrebbe quindi necessaria una rivisitazione della legge, adeguandola al contesto e alle esigenze odierne, e rivedendo gli articoli 107 e 108.

Ma le copie, perfette o imperfette, sono sempre esistite, a partire dalle sculture greche ampiamente replicate nel mondo romano, e fino alle copie delle opere di pittura, perfettamente (o quasi) identiche all’originale. La perfezione a cui siamo giunti adesso segue e si allinea all’evoluzione tecnologica in tutti i campi, e soprattutto in quello dell’immagine, dove i computer sono in grado di creare realtà virtuali indistinguibili da quella «vera», impiegate ormai di routine anche nei musei per l’appeal che possono avere per il pubblico, ad esempio, dei giovani.

Alcuni recenti casi emblematici suggeriscono come non sia necessario mettere mano, aggiungere, integrare o cambiare il Codice, ma che sia un elemento «etico», cioè l’«uso» che se ne fa, a costituire il confine dirimente tra la liceità delle operazioni e la bontà delle stesse. Da questo punto di vista, il Codice contiene già tutti gli elementi utili per disciplinare ogni questione. La riproduzione del dipinto di Raffaello «Lo Spasimo di Sicilia», realizzata in modo «indistinguibile dall’originale» dalla società Factum Arte nel luglio 2020 in occasione della ricomposizione dell’altare del Gagini nella Chiesa di Santa Maria dello Spasimo di Palermo (conseguente alla negata autorizzazione al prestito dell’originale da parte del Museo del Prado di Madrid), dimostra che è possibile, anzi auspicabile, la valorizzazione attraverso la riproduzione di alta qualità.

La prassi del prestito dell’originale infatti comporta sempre rischi per l’opera e impoverimento delle sedi espositive originarie, poco gradite ai visitatori. Del 2018 è la perfetta riproduzione digitale, da parte della stessa Factum Arte di Adam Lowe, della «Natività» di Caravaggio, la pala d’altare trafugata nell’ottobre del 1969 dalla Chiesa di San Lorenzo a Palermo, oggetto di un vero e proprio «giallo» tuttora irrisolto. La ferita è stata risanata proprio da questa appropriata operazione, che ha collocato la copia nella sua sede originale.

Analoga operazione è stata condotta nel 2007 con il facsimile della celebre tela de «Le nozze di Cana» del Veronese riportata nel refettorio palladiano di San Giorgio Maggiore a Venezia. Come è evidente, è l’«uso» che se ne fa a delineare i confini della liceità e della rispondenza allo spirito e alla «ratio della legge». Quest’ultima è volta innanzitutto alla tutela e alla valorizzazione (intendendo principalmente la divulgazione a fini di crescita culturale della collettività), mentre disciplina in modo puntuale gli usi «privati» o a scopo di lucro tramite i canoni concessori, e comunque sottoponendoli sempre al parere preventivo dell’Istituto di Tutela per la compatibilità delle proposte.

Ma chi è preposto ad autorizzare l’uso di un’opera se non il proprietario? Ecco che la questione della proprietà del dipinto si riaffaccia prepotentemente. Il Fondo Edifici di Culto non è il proprietario del «Seppellimento di Santa Lucia» di Caravaggio, ma il gestore, in quanto organismo transitorio di gestione, istituito nel 1984 e posto in capo al Ministero dell’Interno, riprendendo quanto contenuto nei Patti Lateranensi del 1929 tra Stato e Chiesa.

Il processo di consegna della «Santa Lucia» al Sepolcro fu iniziato nel 1994, come conferma una missiva inviata dalla Prefettura di Siracusa all’Arcidiocesi, nella quale si interloquiva chiedendo la disponibilità per la consegna del bene. Se poi il nesso si interruppe, non fu per irregolarità di nessun tipo, ma solo per un movimento di tipo ideologico/culturale che attraversò l’intera penisola. Per questo motivo riteniamo che i diritti di disposizione dominicale dell’opera di Caravaggio siano da ascrivere innanzitutto alla Curia Arcivescovile di Siracusa, e, in virtù della Convenzione di Faro, al Comune e ai cittadini siracusani.

È l’autorità religiosa, proprietaria effettiva dell’opera, a dover decidere se gli usi proposti siano compatibili con la sua natura di soggetto devozionale e religioso, e senza volerci sostituire al legittimo proprietario, abbiamo ragione di ritenere che, mentre una copia dovrebbe essere depositata presso l’Icr, per evidenti ragioni di studio e documentali, un’altra potrebbe opportunamente essere allocata presso il Museo Bellomo, dove peraltro è stato custodito ed esposto l’originale per più di venti anni, a causa dell’inadeguatezza ambientale della sede originaria.

E proprio dal museo potrebbe iniziare l’opera di valorizzazione, attraverso un adeguato allestimento museale che racconti genesi e vicende dell’opera, compresa la storia del Senato Siracusano che la commissionò. Inoltre proprio il museo situato in Ortigia, con la sua copia perfetta, potrebbe agganciarsi alla Basilica, oggi al di fuori dei circuiti turistici, contribuendo a creare un itinerario e ponendo le basi per una vera valorizzazione del dipinto e del luogo.
 

La copia del «Seppellimento di Santa Lucia» di Caravaggio esposta al Mart

Vera Greco, 23 marzo 2022 | © Riproduzione riservata

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