I Tudor, assetati di arte e potere

Sotto una delle più affascinanti dinastie della storia europea fiorì un attivissimo cantiere culturale, come illustra una mostra al Metropolitan Museum

«Il trionfo di Ercole», 1540 ca, su disegno attribuito a Raffaello Sanzio. Royal Collection Trust / © Her Majesty Queen Elizabeth II 2022
Elena Franzoia |  | New York

Con «The Tudors: Art and Majesty in Renaissance England», dal 10 ottobre all’8 gennaio, il Metropolitan Museum, in collaborazione con il Cleveland Museum of Art e i Fine Arts Museums di San Francisco, indaga una delle più affascinanti dinastie della storia europea grazie a oltre 100 opere, selezionate da Elizabeth Cleland e Adam Eaker con l’aiuto di Sarah Bochicchio.

Focus della mostra è il particolare rapporto, insieme di propaganda e legittimazione politica, che questa famiglia assetata di potere intrattenne con l’arte, tanto da rendere l’Inghilterra, dalla conquista del trono da parte di re Enrico VII nel 1485 alla morte di sua nipote Elisabetta I nel 1603, un attivissimo cantiere culturale, in cui apporti provenienti da tutta Europa contribuirono alla nascita di uno stile e di un gusto tipicamente inglesi.

«Non si tratta di una “storia illustrata” della monarchia dei Tudor, sottolinea Adam Eaker, ma di una mostra che presenta non tanto la celebre letteratura, soprattutto shakespeariana, quanto le arti visive, indagando come artisti e mecenati abbiano utilizzato l’immagine per navigare nelle acque insidiose della vita di corte».

Le sezioni espositive sono 5: «Inventare una dinastia» introduce il grande tema politico e sociale dell’Inghilterra dell’epoca, in cui una comunità internazionale di artisti e mercanti, molti dei quali rifugiati religiosi, cerca di rispondere alle ambiziose richieste dei mecenati reali sullo sfondo delle relazioni politiche con l’Europa continentale.

Spiccano qui i ritratti dei cinque monarchi Tudor, grazie a prestiti eccezionali come il «Ritratto di Enrico VIII» di Hans Holbein il Giovane dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid e il «Ritratto con il setaccio di Elisabetta I» di Quentin Metsys il Giovane dalla Pinacoteca Nazionale di Siena. «Splendore» rievoca, ispirando l’intero allestimento, i ricchi interni dei palazzi Tudor in cui il gusto per il lusso si traduceva in arazzi francesi e fiamminghi e arredi preziosi, come il vaso in cristallo di rocca di fabbricazione londinese oggi conservato nel Museo delle Cappelle Medicee di Firenze.

Protagonista della sezione «Volti pubblici e privati» è ovviamente la rivoluzione rappresentata nella ritrattistica da Holbein il Giovane, qui presente con opere appartenenti soprattutto alle collezioni del Castello di Windsor. «Il linguaggio degli ornamenti» indaga l’inconfondibile sintesi operata dal Rinascimento inglese tra classicità, un Medioevo mai dimenticato e fascinazione per il mondo naturale.

La mostra si chiude con «Allegorie e icone», doveroso omaggio alla regina Elisabetta I che seppe creare un’immagine di sé tanto eccezionale da travalicare i secoli, favorita anche dalla nuova religione anglicana che, spazzando via dalle chiese le immagini precedenti, costrinse a concentrare sulla Regina Vergine la pressoché totale attenzione degli artisti.

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