I ruggiti informali di Leoncillo

Trenta opere figurative e neocubiste

Francesca Romana Morelli |  | Roma

Nel 1957 nell’autopresentazione alla personale alla galleria La Tartaruga, Leoncillo esterna la crisi che lo ha tormentato dall’epoca fascista alla guerra partigiana, fino alla militanza comunista, terminata con la dissidenza dal partito dopo i fatti di Ungheria. Prova un «rancore sordo per le “idee”; per queste cose che ci appiccichiamo addosso per sentirci più bravi, per vivere meglio», ovvero dare forma a un’opera d’arte mediante «una realtà descritta e ricondotta a stile». La sua ricerca si è rimessa in viaggio; ora sono «forma, colore e materia a dare direttamente l’emozione, il sentimento della natura, a “volerla imitare” per essere un’altra natura come essa (…) perché noi non siamo naturali».

Per lo scultore è l’approdo all’Informale, coerentemente con le opere create dalla fine degli anni Trenta, come evidenzia una mostra curata da Monica Cardarelli della Galleria
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