I Kandinskij della Guggenheim al Guggenheim

Nel museo di Bilbao opere perlopiù della collezione

«Komposition 8», 1923, di Vasilij Kandinskij. New York, Solomon R. Guggenheim Museum. © Vasilij Kandinskij / VEGAP; Bilbao, 2020
Bianca Bozzeda |  | BILBAO

«Ogni opera d’arte è figlia del suo tempo e spesso è madre dei nostri sentimenti», scriveva Vasilij Kandinskij (1866-1944) nel suo saggio Lo Spirituale nell’arte, pubblicato nel 1912. Dal 20 novembre al 23 maggio il Guggenheim di Bilbao ripercorre l’opera di uno dei protagonisti assoluti dell’Astrattismo.

Provenienti principalmente dalla collezione della Fondazione Solomon R. Guggenheim, le opere esposte ritracciano l’evoluzione estetica di Kandinskij: dalle sperimentazioni simboliste sviluppate negli anni ’10 a Monaco di Baviera, dove fu fondatore, insieme a Franz Marc, del movimento Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Blu), alle interpretazioni geometriche dell’avanguardia artistica russa, fino alle note astrazioni liriche.

Nominato professore al Bauhaus a Weimar nel 1922, nel ’33 Kandinskij fu costretto a lasciare la Germania a seguito della chiusura della scuola da parte del regime nazista. Tre anni dopo, 57 opere gli vennero confiscate perché considerate «arte degenerata» ostile all’ideologia nazionalsocialista. È nella banlieue parigina, vicino alle influenze surrealiste, che l’artista inizia a sperimentare nuovi materiali, in particolare la sabbia che mescola ai pigmenti: le composizioni che ne risultano rievocano un universo celeste, animato da un brulichio scintillante di esseri viventi.

Kandinskij occupa un posto d’eccezione nella storia della Fondazione Guggenheim: è grazie alla sua opera che l’industriale Solomon R. Guggenheim si appassionò all’arte, iniziando a collezionarne i lavori a partire dal 1929. Seguì l’inaugurazione a New York del Museo della pittura Non Oggettiva, predecessore del Museo Guggenheim, che oggi vanta una collezione di oltre 150 lavori dell’artista.

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