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I francescani sotto la neve

I francescani sotto la neve

Stefano Miliani

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Consolidato in tre anni il complesso di San Bernardino

 

ta la sua struttura massiccia e articolata, con uno snello portale in pietra bianca che richiama la classicità, il complesso monumentale di San Bernardino a oltre due chilometri dal cuore di Urbino quando lo si vede tra gli alberi trasmette solidità ed equilibrio. La posizione ha invece esposto a forti escursioni termiche e all’umidità chiesa e convento attribuiti all’architetto e scultore Francesco di Giorgio Martini (Siena 1439-1501) che Federico da Montefeltro accolse a braccia aperte nella sua corte. Un crollo per neve nel 2012 rese improrogabile il restauro globale che iniziò nel 2013 e si è da poco concluso. 

 

«Nel dicembre 2012 tre metri di neve schiacciarono i sistemi portanti delle coperture del convento dove alloggiano i frati francescani e alcune capriate cedettero», ricorda l’architetto della ex Soprintendenza per i Beni architettonici Biagio De Martinis, responsabile dei lavori per conto dell’ex soprintendente per i Beni architettonici e ora segretario regionale in Abruzzo Stefano Gizzi. «Per fortuna, continua l’architetto, il Ministero dei Beni e Attività culturali intervenne subito e con un milione di euro abbiamo consolidato l’intero complesso: abbiamo decisamente migliorato la tenuta sismica, ora adeguata, siamo intervenuti sulle due facciate della chiesa e, con uno stanziamento del Comune che ne è proprietario, abbiamo recuperato integralmente la vicina chiesetta di San Donato che ha le lastre tombali di Federico e Guidobaldo da Montefeltro ed era in uno stato un po’ di abbandono. Siamo davvero soddisfatti». Sul campanile invece le verifiche sismiche hanno segnalato uno stato di sofferenza serio: verrà consolidato quando si troveranno i finanziamenti. 

 

Insieme ad Agnese Vastano, direttrice dei lavori scientifici per l’ex Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche, ha seguito in prima persona i lavori su marmi, intonaci e laterizi Maria Letizia Amadori, docente di chimica per i beni culturali nell’Università di Urbino: «Le superfici in arenaria, bellissime, qua non reggono e non a caso Palazzo Ducale è in calcare». Inoltre, osserva, bisognava rimediare a restauri inappropriati degli anni Sessanta e Settanta. «Tutti i materiali presentavano uno stato di degrado molto avanzato, causato anche dalle forti escursioni termiche, da un’umidità elevata, da attacchi biologici spinti negli angoli più in ombra. Le finestre erano deteriorate, le pietre disgregate. In precedenza erano state restaurate zone basse o si erano affrontati problemi singoli, finalmente un progetto ampio ha coinvolto tutto, le superfici sono sanate e il risultato a me pare ottimo». 

 

Il recupero del mausoleo dei Montefeltro è frutto di un lavoro di équipe cui ha preso parte anche Paolo Fiore che insegna storia dell’architettura all’Università La Sapienza a Roma.

 

Stefano Miliani, 05 settembre 2016 | © Riproduzione riservata

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