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Gli italiani cercano un rinvio del verdetto Unesco

Il Comune propende per le «grandi navi» a Marghera, ma l’Unesco si oppone e minaccia di inserire la città nel patrimonio «in pericolo»

La grande «questione Venezia» ormai trascende le competenze dell’Unesco e investe scelte politiche di fondo sul futuro della città e della laguna. L’Italia dovrà comunque rispondere alle richieste dell’Unesco. Il sottosegretario al Beni culturali Ilaria Borletti Buitoni, già presidente del Fai-Fondo Ambiente Italiano (2010-13), ha la delega al paesaggio e per questo si occupa da tempo del problema. Queste le sue idee sul complesso «caso» lagunare.

Che cosa manca perché si cominci a discutere per rispondere alle indicazioni dell’Unesco?
I soggetti dai quali si aspettano risposte sul caso Venezia sono il Ministero e le istituzioni locali, ma soprattutto il Comune che deve accettare un incontro e un confronto su ipotesi diverse, anche innovative. L’ho proposto più volte al sindaco Luigi Brugnaro. Finora non ho avuto risposta. 

Tra i problemi, uno dei più gravi è quello dell’eccessivo afflusso turistico. 
Il problema non è soltanto italiano, ma altrove le risposte ci sono. Noi spesso siamo in ritardo quando parliamo di sviluppo sostenibile, a medio termine. Cito la Francia per Mont Saint-Michel o la Spagna per l’Alhambra di Granada e altri Paesi con siti di grande attrattività turistica.

La soluzione è quella di limitare e regolamentare i flussi turistici. Vale anche per Venezia? 
Nonostante gli studi dell’Università Ca’ Foscari, non sappiamo quanti sono i visitatori a Venezia. La valutazione varia da 20 a 30 milioni all’anno e credo che la cifra sia più vicina ai 30: c’è una marea di sommerso per quanto riguarda l’accoglienza. Dunque, la prima cosa è conoscere i numeri, altrimenti è difficile contingentare. E poi c’è una forte stagionalità: i mesi critici vanno da maggio a settembre, negli altri c’è un crollo degli arrivi che dovrebbe essere corretto. Vorrei anche sottolineare che questo enorme afflusso turistico dovrebbe almeno dare ricchezza al Comune, che invece è in deficit. 

C’è anche il problema dell’amministrazione: Venezia e Mestre sono un solo Comune e adesso Venezia è anche Città metropolitana, con oltre 800mila abitanti.
La tutela di Venezia ha funzionato finché il numero dei suoi abitanti era tre volte quello di Mestre. Adesso il rapporto è rovesciato: 54mila a Venezia, 150mila a Mestre. Con la Città metropolitana rischiamo un effetto moltiplicatore ancora più dannoso. Mestre è piena di alberghi riempiti da turisti che visitano Venezia in due ore. La terraferma ne ha un vantaggio, per Venezia è un saccheggio. Gli interessi di Venezia non possono essere gli stessi di Mestre. Penso che per la sua unicità Venezia debba avere autonomia amministrativa. Ho proposto addirittura un comitato internazionale che collabori con il Comune.

Come si possono allontanare le grandi navi dalla città e dalla laguna? 
Dobbiamo agire con una visione a lungo termine: puntare sull’alto Adriatico. Un’ipotesi è: in laguna soltanto navi sotto le 50mila tonnellate e la diportistica privata, le grandi navi tutte a Trieste e una nuova linea ferroviaria che porti a Venezia in un’ora, com’era negli anni ’50. Così potremmo ragionare su un sistema turistico dell’alto Adriatico. 

Ma il sindaco di Venezia parla di far arrivare le grandi navi a Marghera.
Sì, ma questo significa scavare un nuovo canale, escluso dalle condizioni poste dall’Unesco. Il Mose non funziona ancora e non sappiamo se mai funzionerà. La laguna ha un equilibrio fragilissimo che verrebbe alterato dallo scavo del canale, detto delle Tresse, che dovrebbe anche tagliare un’isola composta di rifiuti di Marghera con conseguenze imprevedibili. 

Adesso non ci sono limiti e le navi passano per il bacino di San Marco. 
Questo perché c’è stata una sentenza del Tar che le ha riammesse. La tendenza è poi a favorire le navi più recenti che sono anche le più grandi, fino a 150mila tonnellate, anche perché, si dice, sono le meno inquinanti. Una cosa pazzesca. 

A questo punto, ce la faremo a rispondere in tempo, entro febbraio 2017, alle condizioni poste dall’Unesco per non iscrivere Venezia tra i siti a rischio di cancellazione?
C’è un impegno dei diversi ministeri per arrivare a un confronto e dare risposta all’Unesco. Il sindaco Brugnaro insiste sul rispetto delle autorità elettive veneziane. Sono d’accordo, ma se poi ripete che dell’Unesco non gli importa niente, è difficile avviare con lui un confronto su quali risposte dare proprio all’Unesco.

Le grandi navi a Marghera: ve lo dicevo io...«A chi ama Venezia (città d’acqua e di terra, come si usa dire) e rispetta la popolazione che qui ci vive, due cose sono evidenti. 1. Che le grandi navi da crociera (veri e propri alberghi galleggianti) non debbono passare per il bacino di San Marco. 2. Che il loro approdo deve essere il più vicino possibile a Mestre, cioè a Marghera, all’altezza di quella che si usa definire «prima zona industriale». Sul primo punto non serve nemmeno trovare argomenti. Sostenere, come fa qualcuno, che sia compatibile con la sostanza fisica e l’essenza storico artistica dell’isola antica la presenza in bacino di questi giganti marittimi si può equiparare a quello che sostenesse che sarebbe intelligente tenere entro la basilica di San Marco un elefante perché sarebbe una formidabile attrazione turistica. È il secondo punto che mi pare vada argomentato. Una stazione per le grandi navi da crociera che sorgesse nella prima zona industriale sarebbe dotata di tutte le infrastrutture necessarie al suo funzionamento: dai canali marittimi, alla ferrovia, alla rete stradale e (anche questo non è da trascurare) un canale lagunare che la collegherebbe direttamente al bacino di San Marco tramite il canale della Giudecca.

Ma non è il tema infrastrutturale, che pur tuttavia è decisivo, a raccomandare, anzi a imporre, la decisione di localizzare nel settore Nord della prima zona industriale di Marghera la stazione delle grandi navi da crociera. La ragione primaria della necessità di portare lì questa stazione è di carattere morale e storico. A me sembra immorale che dopo decenni che si parla della necessità di avviare una conversione e una vitalizzazione delle aree industriali di Marghera non si colga l’occasione di avviare questo processo quando se ne offre l’occasione. Sembra immorale che quanti hanno esaltato e proclamato la necessità di dare un waterfront all’entroterra veneziano (per avviare processi di trasformazione virtuosi analoghi a quelli che hanno conosciuto Londra e Barcellona) tacciano. Incredibilmente tacciano. L’insediamento della stazione delle grandi navi da crociera a fianco di Marghera e di Mestre farebbe far un salto di qualità, in termini di qualificazione urbana, all’una e all’altra. Non parlo solo dei due o tre milioni di utenti che farebbero uso di questa stazione ogni anno, e che determinerebbero un indotto economico niente affatto marginale negli ambienti urbani circostanti (un indotto di cui Venezia con i suoi 28 milioni di turisti non ha certamente bisogno). Quel che a me pare della massima importanza è che un atto di tal genere sarebbe un detonatore, anzi "il’ detonatore, che avvierebbe un processo di valorizzazione di molte aree dismesse di Porto Marghera assicurando a esse un rapporto qualificato con il mare, cioè con quell’elemento naturale che nel secolo scorso è stato la ragione delle loro straordinaria crescita e affermazione.

Che cosa bisogna fare per sancire la decisione di portare sulla gronda lagunare, dunque a Mestre e a Marghera, il flusso turistico attratto dalle crociere? Basta decidere che le grandi navi da crociera entrino in laguna dal Porto di Malamocco, che percorrano fino a Fusina l’esistente canale di gronda lagunare e proseguano nel medesimo canale di gronda (solo di poco allargato) per qualche centinaio di metri. Qui giungono la ferrovia, le strade e i canali che congiungerebbero questa stazione all’entroterra e a Venezia. Qui, ove troverebbe sede la cosiddetta «stazione marittima», prenderebbe così forma una piattaforma logistica che sarebbe una espressione eloquente della modernità. Con un vantaggio (quantomeno un vantaggio di immagine) anche per i grandi cantieri navali che proprio qui, poco più a ovest, producono questi alberghi galleggianti ricchi, al loro interno, di ogni meraviglia».

Antonio Foscari, da «Il Gazzettino», 27 marzo 2012

Questo è quanto Antonio Foscari scriveva sul quotidiano di Venezia, «Il Gazzettino», circa quattro anni e mezzo fa ed è la soluzione che ora il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, e il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, oggi hanno concordemente ritenuto si debba perseguire. Perché non passino inutilmente altri cinque anni, come invoca il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, il quale si è reso ben conto che la realizzazione di una moderna stazione marittima sulla testata Nord del canale di gronda lagunare sarebbe un modo degno di celebrare, nel 2017, il centenario della fondazione di Porto Marghera.
 

Edek Osser, 08 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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