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L’artista torinese è l’irriverente decana di un quartetto tutto al femminile al New Museum
- Federico Florian
- 12 giugno 2017
- 00’minuti di lettura


Gli «anticorpi» di Carol Rama
L’artista torinese è l’irriverente decana di un quartetto tutto al femminile al New Museum
- Federico Florian
- 12 giugno 2017
- 00’minuti di lettura
Federico Florian
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La nuova stagione del New Museum è dedicata a quattro artiste di differenti background e generazioni. Il secondo piano del museo ospita la prima retrospettiva newyorkese di Carol Rama (1918-2015). «Carol Rama: Antibodies», aperta sino al 10 settembre e curata da Helga Christoffersen e Massimiliano Gioni, riunisce oltre 150 opere tra dipinti, oggetti e lavori su carta, che testimoniano lo sviluppo della produzione di Carol Rama negli anni, a partire dalle sue prime rappresentazioni di corpi privi di organi ai lavori più tardi, che raffigurano un crudele immaginario visivo popolato da lingue, viscere e organi mutilati. Un linguaggio brutale, quello dell’artista tornese, in cui desiderio e sacrificio, Eros e Thanatos sono intimamente intrecciati.
«Lynette Yiadom-Boakye: Under-Song for a Cipher», aperta sino al 3 settembre, occupa il quarto piano dell’edificio. Per questa mostra, l’artista britannica (1977) finalista del Turner Prize nel 2013, presenta una nuova serie di dipinti figurativi. I personaggi delle opere della Yiadom-Boakye sono donne e uomini neri, raffigurati con dense pennellate su fondi generalmente monocromi: figure eleganti, assorte nei propri pensieri e descritte dall’artista come «suggestioni di persone» che «non condividono le nostre ansie o preoccupazioni».
Kaari Upson (1972), artista americana di base a Los Angeles (tra i partecipanti dell’ultima Whitney Biennial), è la protagonista dell’esposizione al terzo piano («Kaari Upson: Good thing you are not alone») in corso sino al 3 settembre. Per la sua prima personale newyorkese, la Upson, nota per le sue riproduzioni in silicone di divani scartati, ha concepito un nuovo progetto che prende le mosse dalle vicende di una famiglia che risiede in una villetta a schiera di Las Vegas: un’indagine sull’architettura come specchio e contenitore di tensioni psicologiche.
Infine, nelle stesse date, la Lobby Gallery ospita la prima personale in un museo della giovane artista canadese Elaine Cameron-Weir (1985), Autrice di sculture vagamente futuristiche, dal carattere quasi fantascientifico, l’artista presenta qui un’installazione che incorpora attrezzi da laboratorio, armature medievali e strumenti di tortura, innescando una riflessione sulla relazione tra scienza e occultismo.