Image
Image

Giovani restauratori non disperate

Image

Giorgio Bonsanti

Leggi i suoi articoli

L’offerta può creare la domanda

Il convegno «I giovani e il restauro. L’arte nel tempo: significato, trasformazione e conservazione» ha avuto luogo al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo dal 24 al 26 febbraio. Promosso dall’Associazione romana non profit Lumen (a opera di Cinzia Giorgi, Paola Zoroaster e Domenico Valarioti), con la garanzia procurata dall’assistenza di Daphne De Luca, docente all’Università di Urbino, il convegno ha presentato una quarantina di interventi di giovani restauratori e scienziati nella conservazione italiani e quattro stranieri. 

L’intenzione era non soltanto di proporre a dei giovani un’occasione importante di mettersi alla prova illustrando le loro tesi di laurea (come ad esempio in una giornata tenutasi lo scorso 23 novembre al MaXXI di Roma), ma anche di offrire un aiuto concreto, consistente in sei premi in denaro, tre per i restauratori e altrettanti per gli scienziati, più uno per gli stranieri. L’apprezzabile modello consistente nel venire incontro materialmente alle necessità di neolaureati si sta fortunatamente diffondendo; da qualche anno, ad esempio, l’IgIic (il gruppo italiano dell’International Institute for Conservation) distribuisce nei suoi congressi annuali una borsa di studio a una tesi in conservazione offerta dalla Fondazione Paola Droghetti. 

Quale futuro per questi giovani? Tutti, va detto, di qualità mediamente assai alta, a riprova dell’efficacia degli insegnamenti ricevuti; nel nostro caso soprattutto presso le Università, interlocutrici privilegiate del convegno, con solo qualche inserimento delle Scuole di Alta Formazione del Mibact (in particolare l’Opificio delle Pietre Dure) e delle Accademie. Chiunque viva il mondo del restauro dall’interno si domanda quanti dei giovani laureati o diplomati riusciranno a farsi strada nella professione; il senso di responsabilità è gravoso. Un Istituto di insegnamento superiore (dal 2009 si diventa restauratori con un corso di studi quinquennale che garantisce una laurea in restauro o un diploma equivalente) non può non sentire anche il dovere morale di assicurare ai suoi laureati almeno una consapevolezza delle difficoltà che incontreranno, qualche suggerimento valido che li possa aiutare, e magari creare anche qualche occasione che favorisca il passaggio dal mondo universitario a quello del lavoro.

Da più parti, anche nel corso del convegno di Roma, si è sentito sollecitare un coordinamento fra gli Istituti di formazione, almeno a livello di territorio; ma temo che si tratti di una chimera, il regime fra loro è quello della concorrenza, tutt’al più si potranno realizzare casi sporadici di convenzioni fra non più di un paio di soggetti. E allora la questione diventa generale, e riguarda il modello di società e civiltà che il nostro Paese intende proporsi per il futuro. Vogliamo disincentivare i giovani dallo studio del restauro, perché il mercato si è già drammaticamente ridotto e quel poco è saturo? Ma perché vietare a giovani motivati di impossessarsi del mestiere più bello del mondo, visto che comunque, con pochissime eccezioni, le difficoltà occupazionali riguardano anche le altre professioni? La mia personale convinzione è che, capovolgendo il modello economico più elementare, possa nel nostro caso essere l’offerta a creare la domanda, forse non immediatamente ma in prospettiva. In vista di uno sviluppo sostenibile per il pianeta e per il Paese, il restauratore sarebbe una figura assolutamente centrale, in grado di interpretare i fenomeni del degrado e di suggerire e attuare il modello virtuoso da perseguire.

Giorgio Bonsanti, 10 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Operatività, ricerca e didattica hanno improntato l’attività dell’insigne «ambasciatore» del restauro italiano, per quasi quarant’anni attivo all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, di cui è stato soprintendente per dieci anni

Tra i tanti interventi del convegno tenutosi a Roma per i sessant’anni della brandiana «Teoria del Restauro», particolarmente lucido e intelligente quello dell’archeologa Licia Vlad Borrelli, 102 anni

Bisogna rimediare al restauro, con arbitrari interventi integrativi, del capolavoro del maestro rinascimentale alla National Gallery di Londra

Jill Dunkerton, conservatrice e restauratrice dei dipinti della National Gallery, sorvola sul recente (e discusso) intervento di restauro della «Natività» di Piero nel corso del convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Piero della Francesca a Sansepolcro

Giovani restauratori non disperate | Giorgio Bonsanti

Giovani restauratori non disperate | Giorgio Bonsanti