Frieze Masters compie dieci anni: le tappe fondamentali e una previsione sul futuro

La «gemella» di Frieze dedicata all’arte antica ha colto nel segno sin dall’inizio, conquistando un pubblico trasversale

L’edizione inaugurale di Frieze Masters nel 2012. La scelta del grigio neutro per le pareti  ha rappresentato una rottura con la tradizione per una fiera di arte antica. Foto Linda Nylind; per gentile concessione di Frieze
Georgina Adam |  | Londra

Casa dell’arte antica di secoli, Frieze Masters di anni ne compie invece solo dieci. Nel 2012 la già allora affermata fiera d’arte contemporanea di Londra Frieze lanciava un evento gemello dedicato all’arte realizzata tra l’Antichità e il 2000. Frieze Masters s’insediava così nel proprio padiglione di Regent’s Park, a un quarto d’ora a piedi (camminando a passo svelto) dalla fiera da cui trae origine.

L’elaborazione del progetto era durata due anni, ricorda Victoria Siddall, all’epoca responsabile dello sviluppo di Frieze e prima direttrice di Frieze Masters. «Alcuni collezionisti e gallerie, spiega, avevano suggerito a Frieze di affiancare all’evento esistente una fiera storica». I cofondatori della società, Matthew Slotover e Amanda Sharp, «mi hanno allora incaricato di idearne una che apparisse fresca e contemporanea, una rivisitazione alla Frieze di un modello tradizionale».

La decisione era stata in parte favorita dall’affondamento, nel 2009, dopo 75 anni, della Grosvenor House Art and Antiques Fair. «Londra, prosegue Siddall, è da sempre rinomata per l’arte antica e noi volevamo fornirle una piattaforma dedicata». L’idea, naturalmente, era anche di incoraggiare la tanto ambita pratica del collezionismo trasversale, con i collezionisti tradizionali che scoprono il nuovo e le generazioni più giovani che rimangono impressionate dall’antico.

La prima edizione della fiera contava 101 espositori, numero presto salito a circa 120; quest’anno sono quasi 130. L’eclettica mescolanza di dipinti rinascimentali, arte tribale, antichità e arte moderna era ambientato in uno scenario minimalista dai toni grigi neutri progettato dall’architetto Annabelle Selldorf.  «Oggi questo non stupisce più di tanto, osserva Siddall, ma molti mercanti d’arte antica non avevano mai esposto su pareti che non fossero rosso scuro». L’anno prima, peraltro, era stato pubblicato con grande successo il romanzo erotico di E.L. James, Cinquanta sfumature di grigio, e a ripensarci Siddall fa una smorfia: «Sì, le battute si sono sprecate», ammette.

Stand d’impatto
Nei dieci anni successivi a Frieze Masters si sono visti stand spettacolari. Uno di questi, nel 2014, è stata la rivisitazione di Helly Nahmad del caotico appartamento di un collezionista nella Parigi sessantottina. E nel 2018, l’allestimento proposto da Dickinson di Barbara Hepworth ne ha incarnato lo spirito del giardino di sculture a St Ives. La gallerista Emma Ward, che ora ha un’attività in proprio, era all’epoca direttrice generale della galleria: «Frieze Masters ha colto nel segno fin dall’inizio, osserva. Non è una fiera eccessivamente grande e in ciò che viene esposto c’è un aspetto educativo. E abbiamo incontrato ottimi clienti».

I gusti però cambiano e il mercato dell’arte non ne è immune. Quest’anno la fiera mette l’accento sulle artiste, cosa che solo dieci anni fa non sembrava così imperativa. Per le opere di una nuova generazione di donne, molte delle quali nere, i prezzi alle aste sono schizzati alle stelle. Spotlight, la sezione di Frieze Masters dedicata all'arte del XX secolo, presenta una selezione tutta al femminile curata da Camille Morineau e dal suo gruppo dell’associazione non profit parigina Aware (Archives of Women Artists, Research and Exhibitions). Ma val la pena ricordare, come sottolinea il direttore della fiera Nathan Clements-Gillespie, che nel primo Spotlight, organizzato da Adriano Pedrosa, figuravano pioniere come Geta Brătescu, Lygia Pape e Birgit Jürgenssen.

«Credo che negli ultimi dieci anni Masters sia diventata molto più internazionale, sia per la varietà delle opere proposte che per gli espositori», è il commento di Nick Maclean della Eykyn Maclean di New York e Londra, che ha partecipato alla fiera per otto volte e la conosce bene, essendo anche un membro del comitato di selezione.

Venti di cambiamento
Ma se Frieze Masters si sforza di portare alla ribalta artisti meno noti, l’accento inevitabilmente cade su quelli già affermati. E qui, per le fiere specializzate in arte antica, i venti di prua non sono necessariamente favorevoli. Colpita negli ultimi anni da uno scandalo, la un tempo famosa fiera dell’antiquariato di Parigi, La Biennale, è stata accorpata in un nuovo evento, Fine Arts Paris & La Biennale, che debutterà dal 9 al 13 novembre.
Tefaf ha rottamato l’edizione autunnale di New York dedicata all’arte tradizionale e all’antiquariato, pur continuando a organizzare un evento primaverile incentrato sulle opere moderne e contemporanee. Stando a Maclean, però, «c’è sicuramente posto per le fiere più tradizionali» come Frieze Masters. «Per fare un esempio, accanto all’arte moderna vi si trovano manoscritti e antichità incredibili. E molti visitatori, sottolinea, vanno a entrambe le fiere [Frieze]».

E che dire dell’inafferrabile collezionista «crossover»? Il mercante londinese di arte antica Johnny van Haeften ne ha uno, di cliente così: un collezionista di arte contemporanea che ha comprato un paesaggio di Salomon van Ruysdael «perché gli piaceva molto». Van Haeften, che a Frieze Masters espone quattro o cinque dipinti olandesi provenienti da una collezione privata, ammette che il numero di specialisti nel suo campo è in diminuzione. «Non ringiovaniamo, osserva ridendo. Gli Old Masters sono percepiti come di gusto antiquato, ma hanno mantenuto il loro valore per 400 anni, quindi il loro acquisto riguarda più la conservazione del capitale che non gli enormi guadagni, o le altrettanto possibili perdite, del mercato contemporaneo».

Un altro espositore che ha abilmente colmato il divario all’interno della stessa galleria è Robilant+Voena: la partnership tra Edmondo di Robilant e Marco Voena offre sia opere moderne sia arte antica. «È più probabile che i collezionisti passino dagli antichi ai moderni, afferma Di Robilant, ma al tempo stesso non rinuncio certo agli antichi e devo dire che abbiamo avuto un discreto successo nella vendita di opere ai musei americani». La galleria è reduce dalla piccola sezione Masters di Frieze Seoul inaugurata lo scorso mese. Gli stand erano «affollati dall’ora di apertura a quella di chiusura», racconta Di Robilant, che tra le vendite di Seul registra anche un Old Master.

Ben Brown, mercante con sedi a Londra, Hong Kong e Palm Beach, espone a Frieze Masters dal 2013: «Per me, a parte un anno, è sempre stata un successo commerciale, dichiara. Noto però dei cambiamenti, insieme a quelli del mercato dell’arte stesso». Il più grande è la Brexit, deplorata da molti mercanti a causa delle pratiche burocratiche e delle tasse che comporta. «Con la Brexit, se un italiano compra da me e reimporta l’opera, pagherà il 10% di tasse sull’acquisto, mentre se compra a Parigi non paga nulla. Questa è una vera sfida per Londra», indica Brown.

Daniella Luxembourg, altra protagonista di Masters, concorda sulla sfavorevole situazione fiscale di Londra, ma sottolinea la «sicurezza, stabilità e l’enorme offerta culturale» della città, nonostante la Brexit. «Frieze Masters soddisfa il desiderio dei collezionisti di imparare, afferma. Sta a noi mercanti creare una buona fiera e finché lo faremo Masters continuerà a essere un’ottima piattaforma per un’intera gamma di opere d’arte».

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