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L’Esposizione coloniale internazionale di Parigi del 1931 è il punto di partenza di una mostra che esplora le tensioni e le ambivalenze della produzione fotografica del tempo
- Luana De Micco
- 05 novembre 2022
- 00’minuti di lettura


Un particolare di «N°8 Social Kunst» (1932) di John Heartfield
Foto rivelatrici alla Galerie de photographies
L’Esposizione coloniale internazionale di Parigi del 1931 è il punto di partenza di una mostra che esplora le tensioni e le ambivalenze della produzione fotografica del tempo
- Luana De Micco
- 05 novembre 2022
- 00’minuti di lettura
Luana De Micco
Leggi i suoi articoliUn emblematico ritratto che Man Ray realizzò, intorno al 1938, di Ady Fidelin, prima modella nera a comparire in una rivista statunitense, «Harper’s Bazaar». Gli scatti di Élie Lotar, fotografo franco-rumeno, realizzati nel 1933 in Marocco durante il viaggio intorno al mondo a bordo della Exir Dallen.
Un fotomontaggio del 1932 di John Heartfield, esponente del Dadaismo berlinese, «N°8 SocialKunst», con due pugni, uno bianco, l’altro nero, rivolti verso l’alto. E ancora scatti di Laure Albin-Guillot, Pierre Boucher, Boris Lipnitzky, Germaine Krull e Henri Cartier-Bresson sono presentati alla Galerie de photographies del Centre Pompidou nella mostra «Décadrage colonial» dal 7 novembre al 27 febbraio.
Il museo parigino ha attinto alla sua collezione e agli archivi della Biblioteca Kandinsky per l’allestimento. Punto di partenza della rassegna è un momento storico-artistico ben preciso: l’Esposizione coloniale internazionale di Parigi del 1931 che mostrava le culture e le risorse dei possedimenti coloniali francesi.
Ad essa, gli artisti surrealisti risposero organizzando una contro-esposizione, «La verità sulle colonie», per denunciare la politica imperialistica della Francia. La mostra, spiega il museo, «esplora le tensioni e le ambivalenze che attraversano la produzione della nuova scena fotografica parigina di questo periodo: fascino pseudo-scientifico per le culture lontane, feticizzazione ed erotizzazione dei corpi neri, partecipazione al rinnovamento dell’etnografia o ancora contributo all’elaborazione di una nuova immagine della nazione».

Un particolare di «N°8 Social Kunst» (1932) di John Heartfield