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L'installazione di Paolo Parisi nel fiorentino Museo Novecento

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L'installazione di Paolo Parisi nel fiorentino Museo Novecento

Firenze, un museo per il Museo Novecento

La nuova direzione artistica di Sergio Risaliti

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Laura Lombardi

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Firenze. «Museo» è l’installazione di Paolo Parisi (in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Firenze) che ci accoglie nella facciata del Museo Novecento, aperto oggi con la nuova direzione artistica di Sergio Risaliti. Quella scritta ha infatti un significato preciso: in una città museo come Firenze anche un luogo dedicato all’arte contemporanea, che ospita le collezioni permanenti del XX secolo e mostre e installazioni temporanee, museo (e non di «Centro per l’arte») sta a ribadire la volontà di estendere questa qualifica e questa missione anche a un luogo votato alla contemporaneità che dialoga con la costellazione di altri musei della città. D’altronde l’installazione di Parisi, sofisticata nella sua semplicità, trasformando la parola in oggetto estetico, preleva o meglio prende in prestito per ogni lettera riferimenti a segni ospitati nello stesso museo, da Luciano Ori a Giuseppe Chiari, ai manifesti delle pagine di «Firenze futurista», fino a Paolo Scheggi.

Sulla stessa facciata anche l’installazione di Remo Salvadori «Nel momento», che si ricollega a motivi che nell’Ottocento decoravano la facciata del Convento delle Leopoldine, ma che dialoga al tempo stesso con le geometrie della prospicente facciata di Santa Maria Novella, opera di Leon Battista Alberti e che ci introduce alle altre installazioni del chiostro. Qui troviamo la già preesistente «Everything might be different» di Maurizio Nannucci e quelle nuove: al centro è l’«Araba Fenice» di Marco Bagnoli, una sorta di mongolfiera /autoritratto spirituale dell’artista e «Invaders» di Paolo Masi, dove i tondi di plexigas, frutto della sovrapposizione di strati diversi di pellicola pittorica, reagiscono al variare della luce nel giorno e creano nell’architettura del loggiato un effetto di caleidoscopio o di lanterna magica.

Gli altri spazi accolgono mostre temporanee (fino al 21 giugno), tutti progetti ideati da Risaliti stesso e affidati a curatori diversi, mentre si attende il 24 maggio per l’apertura del secondo piano dedicato al riallestimento delle collezioni permanenti, tra cui quella di Alberto Della Ragione che costituisce il nucleo principale del museo. Ma intanto proprio un’opera di quella collezione, «Il nudo giallo» di Felice Casorati, è scesa al piano terra, dove dialoga con tre installazioni (2009-2016) di Ulla von Brandenburg riunite nella mostra «Di un sole dorato» a cura di Lorenzo Bruni, una rappresentazione in tre atti sul limite tra la realtà e la sua rappresentazione, la realtà e l’illusione, il rapporto tra gli individui e fondata sulle affinità, pur espressa in forme diverse, tra Casorati e l’artista tedesca.

In un’altra ala del loggiato troviamo la mostra curata da Laura Andreini (da un progetto in collaborazione con Tommaso Sacchi) dedicata al lavoro di Mario Cucinella, neodirettore del Padiglione Italiano alla prossima Biennale di Venezia «Il tavolo dell’architetto». Infine, il percorso al piano terreno si completa con il progetto «The wall» un format espressivo per la valorizzazione del museo, che si inaugura con l’esposizione di «Il Buio-Ai margine della visione», a cura di Marco Bazzini in collaborazione con l’Isia Firenze, laddove il buio non è assenza ma linea comune per raccontare, a ritroso, il rapporto degli artisti con il tema dell’oscurità, dove vedere al buio può essere proprio una forma di conoscenza.

Salendo al primo piano del museo, dove gli spazi sono stati interamente ripensati da Risaliti, troviamo la rassegna video ideata da Beatrice Bulgari per «In Between Art Film»: «Il corpo come indumento sacro», a cura di Paola Ugolini. Il titolo ispirato alla definizione di Martha Graham, che ha come fil rouge il corpo quale strumento metaforico per trattare il tema dell’esistenza, delle sue contraddizioni e dei suoi momenti di coralità attraverso i lavori di Masbedo, Anahita Razmi, Lucy Harvey, Danir Ocko, Silvia Giambrone, Marzia Migliora, Alessandro Piangiamore, Marinella Senatore.

Infine la mostra a cura di Eva Francioli, Francesca Neri e Stefania Ruspoli «Il disegno dello scultore», un percorso tra opere grafiche a partire da Adolf Wildt per arrivare a Luciano Fabro, passando da Jacques Lipchitz, David Smith, Rachel Whiteread, Rebecca Horn, Louise Bourgeois che ha particolare significato nella città del vasariano «primato del disegno» ma soprattutto ci ricorda l’aneddoto di Plinio, dove l’origine della scultura è attribuita proprio a quel disegno che il vasaio Butade traccia sulla parete per immortalare il profilo del giovane amato dalla propria figlia, riflesso dalla luce di una lanterna.

Artisti diversi che operano nell’arco di un secolo, le cui forme grafiche tuttavia si inseguono e dialogano con eleganza, tra linearismi e gestualità, tra figurazione e astrazione, intervallate da alcune sculture degli stessi artisti.

L'installazione di Paolo Parisi nel fiorentino Museo Novecento

Laura Lombardi, 20 aprile 2018 | © Riproduzione riservata

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