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Mariella Rossi
Leggi i suoi articoliDal 22 luglio all’11 settembre è di scena la Biennale Gherdëina organizzata da Doris Ghetta, direttrice artistica, con la Città e l’Associazione turistica di Ortisei. La quinta edizione, intitolata «Da qui all’eternità», è curata da Adam Budak, curatore della Galleria Nazionale di Praga, già in Trentino-Alto Adige come direttore di Manifesta 7 nel 2008 e curatore della Trienala Ladina nel 2010. Gli abbiamo rivolto alcune domande sulle novità della manifestazione.
Come considera la scena artistica locale?
Sono colpito dall’intensa attività artistica e culturale e dagli eventi che le istituzioni organizzano per promuovere gli artisti locali. È un territorio molto vivace grazie a una ricchissima tradizione artistica e al desiderio di collegarsi con l’ambiente internazionale. Le comunità e gli artisti locali possono trarre profitto dalle molte iniziative.
Che cosa ha determinato la sua nomina a curatore della Biennale?
Le precedenti edizioni erano concentrate sugli artisti del posto e la tradizione della lavorazione del legno. Invitando me, gli organizzatori hanno espresso la necessità di rendere la Biennale un po’ diversa, di aprirsi all’esterno, di unire artisti, fondere linguaggi e tradizioni. E così ho fatto: ho aperto la porta il più possibile in modo da innescare il passaggio tra interno ed esterno.
Qual è il tema della quinta edizione?
Il traffico e il movimento, lo spostamento e il passaggio. M’interessa il qui, che è la Val Gardena, ma voglio creare la possibilità di scoprire un’eternità enigmatica. L’eternità è un luogo astratto, sconosciuto e utopico che esiste da qualche parte, è un altro luogo. È il desiderio di raggiungere un posto indefinito. Ho portato artisti capaci di ridefinire il concetto di vernacolare. Il vernacolare è il comune, l’ordinario, il linguaggio di tutti i giorni utilizzato in casa, il familiare. Il vernacolare è nativo e appartiene a noi. Io voglio ridefinire questo concetto da un punto di vista creativo, tanto da farlo diventare cinetico e mobile. È questa l’idea di traffico e di passaggio.
Quali sono le opere e gli artisti in mostra?
Marzia Migliora propone una performance con documentazione video incentrata su un giocattolo tipico della Val Gardena, la figura di un funambolo tra le montagne, metafora dello spostarsi e del viaggiare. Franz Kapfer presenta un lavoro ispirato al film «Montagne in fiamme» di Luis Trenker, ricreando lo spazio tra le due rocce iconiche attraverso una scultura in legno. Christian Kosmas Mayer ha acquistato le barre di legno originali scoperte durante lo scavo delle fondamenta del Palazzo della Repubblica a Berlino mutandole in un’opera che esprimesse l’idea di sostegno. Di Adrian Paci ho selezionato «The column», un viaggio metaforico tra geografie ed economie diverse. La ceca Anna Hulacova presenta opere sul folklore e il rapporto con la natura, mentre Michele Bernardi si confronta con il linguaggio. In tutto sono dodici artisti principalmente europei e di diverse generazioni, tra questi anche Katinka Bock dalla Germania, Xavier Veilhan dalla Francia, Symons Kobylarz dalla Polonia, Fernando Sánchez Castillo dalla Spagna e il tedesco Stephan Balkenhol. Quasi tutti sono venuti a visitare il luogo e hanno concepito opere inedite per la zona pedonale di Ortisei e, per la prima volta, anche per il Circolo artistico e culturale della cittadina.
Quest’anno c’è anche la Trienala Ladina
La Biennale della Val Gardena chiude l’11 settembre, il 9 settembre apre la Trienala Ladina curata da Karin Pernegger, dedicata al linguaggio. Un mélange unico e interessante.
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