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Elogio della follia

Stefano Luppi

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I padani Antonio Ligabue (1899-1965) e Pietro Ghizzardi (1906-86) ancora una volta insieme a offrire una panoramica della topografia artistica dei due autori che meglio di altri analizzano la marginalità sociale, le difficoltà dell’esclusione e dell’indigenza, la modestia di «povera gente» di un mondo perduto, raccontate attraverso una pittura affabulatrice e metaforica

È la Chiesa monumentale di San Francesco di Gualdo Tadino a ospitare fino al 30 ottobre la rassegna «Arte e follia. Antonio Ligabue-Pietro Ghizzardi», curata da Vittorio Sgarbi e organizzata da Augusto Agosta Tota del Centro Studi e Archivio Antonio Ligabue di Parma (catalogo Franco Maria Ricci).

L’appuntamento, per grandi versi, è il medesimo che alcuni mesi fa ha inaugurato il Labirinto del Masone di Ricci, a Fontanellato nel Parmense e presenta 80 opere dei due artisti (26 di Ghizzardi e 54 di Ligabue), uniti qui sul tema del rapporto tra follia e attività creativa, come spiega il curatore Sgarbi: «I lavori sono la testimonianza diretta di quel che può produrre una dimensione di turbamento e alterazione della mente e quale intensa creatività ne può nascere».

Lungo il percorso, diviso tra i due protagonisti, oltre a sculture degli anni ’30-50 di Ligabue, sono visibili suoi autoritratti come quello, notissimo, «Con sciarpa rossa» (1958), oltre a tanti ritratti femminili di Ghizzardi, realizzati perlopiù tra gli anni ’60 e ’70.

I medesimi artisti, con la cura degli stessi organizzatori emiliani, sono anche al centro, fino al 23 ottobre, della rassegna «Museo della Follia. Antonio Ligabue, Pietro Ghizzardi, Cesare Inzerillo» al Castello Ursino di Catania. L’esposizione riunisce oli, sculture, disegni dei tre artisti (in tutto 113 opere tra cui 71 dipinti e 12 sculture di Ligabue), ma anche di altri autori dal XVII secolo ad oggi (tra i quali, il Piccio, Silvestro Lega, Antonio Mancini, Mario Molinari, Luigi Serafini), legati dal tema della follia.

Stefano Luppi, 18 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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