James Stunt e il «Ritratto di Ambrogio Spinola», uno dei 12 Van Dyck che Malcolm Rogers ha ritenuto «autografi» pur essendo classificato come copia nel catalogo ragionato dell'artista © Georgie Gillard / Shutterstock. Van Dyck: © Christie’s Images

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James Stunt e il «Ritratto di Ambrogio Spinola», uno dei 12 Van Dyck che Malcolm Rogers ha ritenuto «autografi» pur essendo classificato come copia nel catalogo ragionato dell'artista © Georgie Gillard / Shutterstock. Van Dyck: © Christie’s Images

Come gli «sleepers» di James Stunt sono diventati autentici (e costosi) Van Dyck

Georgina Adam e Mark Hollingsworth indagano su un caso preoccupante di riattribuzioni, mostrando quanto facilmente l'«opinione» accademica si traduca in fatto finanziario

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Redazione GDA

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Un eminente storico dell’arte ha fornito più di una dozzina di autentiche al controverso uomo d’affari e di società James Stunt, per dipinti che non erano considerati originali o di mano degli artisti, tra cui Antoon Van Dyck.

Malcolm Rogers, esperto di ritrattistica britannica del XVII e XVIII secolo ed ex direttore del Museum of Fine Arts di Boston, ha attribuito a Van Dyck opere  acquistate da Stunt  in asta o privatamente a prezzi molto bassi, come copie o riproduzioni in studio. Stunt aveva poi inviato in Scozia alcune delle opere appena scoperte per essere esposte a Dumfries House, la tenuta palladiana ora di proprietà della fondazione benefica di Re Carlo.
Pare che Rogers avesse una stretta relazione con Stunt, uomo d’affari in bancarotta processato per riciclaggio di denaro nel Regno Unito. Un’accusa che lui nega. Nel 2019 il «Mail on Sunday »ha rivelato che Stunt ha prestato diversi dipinti alla Dumfries House, alcuni dei quali si sono rivelati falsi, tra cui un Monet e un Picasso.

Un’indagine di «The Art Newspaper» rivela ora che sette dei dipinti attribuiti a Rogers erano tra quelli inviati da Stunt alla Dumfries House: cinque «Van Dyck», un «Goya» e un «Velázquez» (questi ultimi due al di fuori della tradizionale area di competenza di Rogers). Tre dei «Van Dyck» sono stati tuttavia descritti come «copie indiscusse» dalla studiosa Susan Barnes. In un’e-mail del 2020 la coautrice, insieme a Nora De Poorter, Oliver Millar e Horst Vey, dell’autorevole catalogo ragionato di Van Dyck ha scritto: «Quando e perché siano stati realizzati, non riesco a immaginarlo».

Le riattribuzioni di opere apparentemente insignificanti ad artisti importanti sono rare, ed è estremamente insolito che un singolo esperto fornisca 12 lettere a un singolo collezionista su un singolo artista (Van Dyck). Sono noti come «sleepers» sul mercato, ma che la stessa persona scopra e riattribuisca 14 dipinti è ancora più straordinario e sorprendente.

Tra le opere che Rogers ha riattribuito c’è il «Ritratto di gentiluomo in nero, acquistato da Bonhams nel 2015 per 46.000 euro come un «della cerchia di Van Dyck» e non presente nel catalogo ragionato dell’artista, anche se Rogers ha scritto essere «autografo in tutto» in una lettera del 2016 indirizzata a Stunt, che lo ha valutato 11 milioni di euro quando è stato esposto alla Dumfries House.

Un altro esempio è stato il «Ritratto del conte di Kinnoull» acquistato come «della cerchia di» presso Cambi Casa d’Aste a Genova nel 2016 per 28.500 euro e successivamente valutato 8.1 milioni di euro. In una lettera a Stunt del 2017 Rogers scrisse che si trattava «chiaramente di un’opera autografa», sebbene sia stato descritto da Susan Barnes come una «copia indiscussa».
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La differenza tra il prezzo di acquisto e il valore assicurativo dei contratti per Dumfries House era di circa 79.6 milioni di euro. In totale, secondo i nostri registri, Stunt ha pagato solo 406.555 sterline per i sette lavori. Rogers ha anche detto a uno stretto collaboratore di Stunt: «Possiamo fare di più» in un’e-mail del 2018 in cui si parlava di valori e lettere di attribuzione.

Quando, nell’agosto di quest’anno, Rogers è stato interpellato via e-mail in merito a questi risultati, ha risposto: «In comune con la pratica della maggior parte degli studiosi della mia generazione, non “autentico” le opere d’arte, ma spesso mi viene chiesto di dare pareri su opere che rientrano nella mia area di studio. In quanto opinioni, esse sono naturalmente aperte alla contestazione da parte di altri studiosi. Io sostengo le opinioni che ho dato, ma vorrei sottolineare che non possono in alcun modo essere considerate “autenticazioni”... tuttavia, le mie lettere - come saprete se le avete lette - sono strettamente argomentate e basate su prove».

Sebbene non sia una pratica insolita per gli specialisti essere pagati per fornire i loro pareri sulle opere d’arte, Rogers ha dichiarato a The Art Newspaper di non aver ricevuto alcun pagamento per l’ampio lavoro svolto per Stunt: «Non l’ho mai fatto nel caso del signor Stunt», pur ammettendo che «a volte Stunt ha pagato le spese di viaggio sostenute per la mia ricerca e ha finanziato l’acquisto di alcuni libri di riferimento. Inoltre, di tanto in tanto, mi ha fatto dei regali in segno di apprezzamento». Alla domanda sul valore di questi regali, Rogers ha rifiutato di rispondere. «Noi [lui e Stunt] ci siamo incontrati, ma non regolarmente», ha aggiunto Rogers. Tuttavia, secondo l’ex capo della sicurezza di Stunt, Vilius Gabsys, Rogers era un «frequente visitatore» dell’uomo di affari.

Ali Dizaei, ex comandante della Polizia Metropolitana, era responsabile dei team legali, finanziari e di sicurezza di Stunt che hanno catalogato e svolto ricerca su tutti i beni di Stunt: «Quando la mia azienda lavorava per Stunt non venivamo pagati, pertanto abbiamo deciso di indagare sui suoi beni perché ero preoccupato che i miei dipendenti e colleghi non venissero retrubuiti. Avevo bisogno di proteggere la nostra immagine. Abbiamo fatto le nostre ricerche e constatato l’abilità di James Stunt di scoprire dipinti poco conosciuti».

«Abbiamo poi scoperto che questi e molti altri dipinti erano passati tra le mani di un uomo chiamato Malcolm Rogers, continua Dizaei. Durante le nostre indagini ci è sembrato che venissero acquistati per una cifra relativamente bassa, prima che il signor Rogers scrivesse una lettera in cui constatava l’autenticità dell’opera. Come conseguenza, quegli stessi dipinti venivano valutati milioni di euro per poi apparire sul registro come molto preziosi».

Rogers nega tutto ciò, affermando che: «Stunt ha effettuato la maggior parte dei suoi acquisti sul mercato aperto da dealers affermati, principalmente a Londra, e ha pagato prezzi al dettaglio. Alcuni oggetti sono stati acquistati ad aste pubbliche. Queste opere sono state catalogate come Van Dyck o provenienti dal suo studio, alcune delle prime supportate da pareri di Susan Barnes. Non ne ricordo di catalogate come copie. In ogni caso, è ingenuo pensare che il mio parere abbia avuto l’effetto di “aumentare notevolmente il loro valore”».

I «pagamenti» di Stunt a Rogers
Secondo le parole di Diazei, la sua azienda si è trovata « in una situazione in cui per poter ricevere i pagamenti doveva ottenere un’ordinanza restrittiva nei confronti di Stunt. Dovevamo scoprire le sue spese e le sue entrate. È stato allora che ricordo di aver notato dei documenti che mostravano pagamenti da parte di Stunt a Rogers».

Vilius Gabsys ha dichiarato: «Ho lavorato per James Stunt per sei anni, vivevo nella sua casa di Belgravia e quindi sapevo cosa succedeva. Vedevo molte persone che andavano e venivano e uno dei suoi visitatori più assidui era lo storico dell’arte Malcolm Rogers. Veniva una volta alla settimana, a volte anche di più. Io lo vedevo sicuramente un paio di volte al mese. Ricordo che James si aspettava sempre che Rogers gli inviasse un’e-mail positiva, non negativa. James era felice quando riceveva queste e-mail in cui si diceva sempre che i dipinti erano veri. E così James si sedeva a parlare con Malcolm Rogers dei dipinti, poi lo accompagnavo alla stazione o lo portavo a casa, il che richiedeva circa tre ore, e spesso gli porgevo una busta da parte di Stunt». Non si sa cosa contenessero le buste.

Per un accordo separato, Rogers possedeva una copia del «Cardinale Infante» di Van Dyck e, secondo i registri, l’aveva pagata 11.300 euro all’asta. Qualche anno dopo, Stunt finì per possedere questo dipinto che reca la lettera di attribuzione di Rogers e che quindi ora varrebbe molte volte la cifra iniziale. Rogers ha dichiarato a una fonte di aver «scambiato» il «Cardinale Infante» per un altro quadro, ma non ha voluto dire quale fosse, né il suo valore.

Tuttavia, a conferma della sua posizione, Rogers ha dichiarato a The Art Newspaper che quest’opera è stata considerata autentica da Susan Barnes, la quale ci ha confermato che «la sua versione ricalca fedelmente il disegno preliminare conservato al British Museum e rappresenta una prima bozza della composizione». La Barnes non è stata tuttavia disposta a offrire ulteriori chiarimenti, né a rispondere alle nostre domande sulle altre riattribuzioni.

La descrizione di Bonham di un ritratto «della cerchia di» van Dyck, che Rogers ha attribuito al maestro olandese

Redazione GDA, 30 settembre 2022 | © Riproduzione riservata

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