Un particolare di «Poolside Gossip» (1970) di Slim Aarons © Getty Images

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Un particolare di «Poolside Gossip» (1970) di Slim Aarons © Getty Images

Cinque consigli per avvicinarsi alla fotografia senza rischi o pregiudizi

Vintage, modern print, stampa successiva ecc... In questo mercato atipico non è il numero di esemplari, ma la richiesta di un’opera a determinarne il prezzo

Silvia Berselli

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Il settore della Fotografia, come indica il report di Art Price per le vendite 2020, è stato l’unico segmento di mercato, insieme alla grafica, ad avere registrato un incremento del 2% malgrado le problematiche ben note dell’annus horribilis.

Non si riesce quindi a comprendere a pieno la vera ragione del ristagno del collezionismo della fotografia in Italia e di quel mancato decollo di un mercato che ovunque è in espansione. La fotografia piace, incarna la modernità più di altre tecniche e offre la possibilità di fare buoni acquisti a tanti livelli di prezzo. Più volte si è ricordato il problema della mancanza di dipartimenti di fotografia all’interno dei nostri musei, delle mostre fatte non con le fotografie originali ma con i poster, dei pochi studiosi in grado di affrontare il settore con una preparazione specifica. Devo dire che dopo tanti anni di frequentazione del settore mi sono convinta che c’è un altro elemento che tiene lontani i collezionisti dall’acquisto di opere fotografiche ed è la diffidenza.

Potrei elencare mille esempi di colti e curiosi collezionisti, magari già navigati acquirenti di arte moderna o di design bloccarsi di fronte a un bel lavoro fotografico. I dubbi sono sempre molti: ma quante copie ne esistono? Ma se il fotografo ha il negativo ne può stampare altre? Ma se è un falso? Tutte criticità, se ci riflettiamo bene, che possiamo incontrare in qualsiasi altro settore del collezionismo, ma a cui nessuno presta attenzione se si avvicina a un libro o a un dipinto. La fotografia invece, proprio perché poco conosciuta soprattutto nel suo aspetto tecnico, è fonte di grande incertezza, fattore che il più delle volte allontana i compratori.

Il primo granitico scoglio che vorrei demolire è quello della paura della riproducibilità. Provare a far comprendere, a chi non si avvicina alla fotografia per timore di «quante copie ce ne saranno in giro» che si tratta di un falso problema. Prima di addentrarci nella spiegazione del perché questo tipo di questione non ha valore nel collezionismo, è importante fare una piccola e semplice premessa legata al mercato dell’arte, forse banale, ma basilare per la comprensione dei successivi ragionamenti. Il valore commerciale delle opere d’arte, siano esse fotografie o dipinti o sculture, è dettato esclusivamente dai compratori, cioè da quante persone sono disposte ad acquistare quel pezzo e da quanti soldi sono disposti a spendere per averlo.

Certamente la rarità è uno dei fattori che fa lievitare i prezzi, ma attenzione ci sono tantissimi autori che hanno prodotto pochi pezzi e hanno valori irrisori perché non interessano ai collezionisti! Mi piace a questo proposito ricordare la mia esperienza quando dividevo gli uffici con i colleghi del dipartimento di Libri presso la casa d’aste Bolaffi. I nuovi clienti che si avvicinavano al dipartimento di Fotografia mi ponevano sempre la stessa domanda: «Ma di quella fotografia quante ne sono state stampate?».

La mia risposta era sempre la stessa; le fotografie contemporanee seguono una numerazione (tiratura) data dall’artista che è riportata sull’opera, mentre quasi tutta la produzione dell’Ottocento e del Novecento, almeno fino agli anni Novanta, non ha numerazione, non è dato quindi sapere quante copie ne siano state stampate. Ricordavo ai clienti che i fotografi, prima che ci fosse un mercato, quindi prima dell’utilizzo della numerazione, tiravano una, al massimo due immagini. Stampare costava e nessuno pensava a riempire i cassetti di fotografie perché era impossibile venderle! Il concetto di vintage era del tutto inesistente.

Quindi se oggi una fotografia vale 100mila o 10 euro non dipende da quante stampe ha fatto l’autore ma dal valore di mercato che ha oggi quell’artista.
Restavo invece allibita nel constare che nessuno chiedeva ai miei colleghi del dipartimento di Libri quante copie di un certo volume fossero state realizzate malgrado per loro natura i libri siano sempre stampati in altissime tirature. Non ho mai saputo di un libro, a differenza della fotografia, stampato in una o due copie.

Tutto questo che cosa ci insegna? Che il collezionismo di libri è consolidato da secoli in tutto il mondo, quindi «storicizzato» e che l’offerta di libri, comunque vastissima, viene assorbita da un mercato altrettanto ampio.

Non vorrei sembrare eccessivamente provocatoria con questa affermazione, e mi perdonino i colleghi di Arte moderna, ma mi sono sempre domandata se qualcuno si è mai posto il problema di quante donnine abbia dipinto Massimo Campigli o di quanti tagli abbia realizzato Lucio Fontana. Ritengo proprio di no, perché le opere di questi artisti sono rassicuranti, perché realizzate con una tecnica come la pittura ritenuta «artistica» e apparentemente non seriale. Ma anche in questo caso il valore di mercato delle loro opere ricade ancora una volta nella regola della domanda e dell’offerta non della tecnica di realizzazione.
Non va comunque dimenticato che ogni produzione artistica ha caratteristiche e tipologie proprie che devono essere conosciute e valutate al momento dell’acquisto.

In Italia, dove la dimestichezza con il mezzo fotografico è ancora carente, le informazioni specifiche che devono essere fornite e certificate a chi acquista fotografia sono spesso incomplete o fuorvianti. In realtà sono pochi ma fondamentali gli aspetti che devono essere considerati e verificati quanto si decide di acquistare una fotografia.

1. Verificare la data di morte dell’autore e la data della fotografia
Se state acquistando una fotografia di Man Ray stampata nel 1980 significa che è una copia d’archivio in quanto l’autore è morto nel 1976. Una fotografia, per essere considerata opera originale, deve essere stampata quando l’artista è in vita, solo così ha un valore collezionistico. Gli Archivi successivamente possono fare delle edizioni ma con un valore puramente documentale. Questo è un aspetto che molti venditori non chiariscono facendo sembrare originali opere che non lo sono. Un chiaro esempio di questo è la vendita di alcune fotografie di Slim Aarons (deceduto nel 2006) da parte di una nota casa d’aste milanese. Le opere vendute in più aste di questo autore come «Poolside Gossip», pagata 5.352 euro, possono essere acquistate direttamene online sul sito di Getty Images che ve le stamperà nel formato e nella quantità desiderata spedendovele direttamente a casa per poco più di 280 euro. La dicitura riportata in catalogo «Printed in 2020 by Getty Images Gallery» mette al riparo il venditore da possibili contestazioni ma certamente lo sfortunato acquirente avrà pensato di aver investito in una fotografia d’arte e non in un poster che poteva ordinare online risparmiando 5mila euro.

2. Verificare la data dello scatto e la data di stampa della fotografia
Anche all’interno della produzione in vita di un artista c’è molta differenza tra una fotografia coeva alla realizzazione del negativo, definita «vintage», decisamente più preziosa perché d’epoca, e una fotografia realizzata successivamente. Un buon esempio per capire questo concetto è il celebre scatto di André Kertész (1894-1985) noto come «Satiric Dancer» del 1926. Una piccola stampa vintage 17,5x12,8 cm di questa famosa fotografia che ritrae una ballerina allungata su un divano è stata venduta nel 2008 a Londra da Christie’s per 287.430 euro. Recentemente sempre la stessa casa d’asta a Parigi ha venduto una stampa successiva, probabilmente della fine degli anni Settanta, a 8.125 euro. Attenzione quindi alle date. A fianco della data dello scatto «1926» (qualora non si tratti di una stampa vintage) dovrebbe essere riportata la data reale della stampa della fotografia, «1926/1970 ca». Se vi trovate di fronte allo stesso scatto con una datazione «1926/2011» fate attenzione, perché quella sarà una banale stampa d’archivio e non un’opera di Kertész, deceduto nel 1985.

3. Verificare la presenza di timbri o firme dell’autore 
Le fotografie, prima di raggiungere un valore collezionistico e di mercato, sono a lungo state realizzate per il loro valore di documentazione legato all’immagine. Erano oggetti di poco o nullo valore, venivano riprodotte per i giornali o le riviste, se rovinate si ri-fotografavano e si faceva così una nuova stampa, una copia.
Raramente i fotografi, soprattutto italiani, firmavano i loro lavori e molto più spesso ricorrevano a un semplice timbro. La presenza sul retro dell’opera di una «certificazione» di appartenenza al lavoro di questo o di quell’autore è invece importante a garantirne l’autenticità.
Questo non vuole dire che sul mercato si trovino fotografie comunque originali ma prive di timbro o firma, in questo caso per avere la certezza dell’acquisto bisognerà richiedere un’autentica all’Archivio del fotografo o a uno specialista che ne confermi l’autenticità.

4. Verificare lo stato di conservazione
Il valore di un’opera d’arte è strettamente correlato al suo stato di conservazione. Questo principio vale per tutti i beni, dai dipinti alle fotografie. Un’opera danneggiata avrà valori quindi decisamente più bassi di una integra. Danni vistosi come lacerazioni, lacune o distacchi dell’immagine sono facilmente riconoscibili, mentre altri come le ammaccature, le pieghe o le semplici ditate sono meno evidenti ma concorrono in maniera determinate al valore di una fotografia. I collezionisti di fotografia, provenienti prevalentemente dal mondo anglosassone, sono particolarmente attenti anche ai danni spesso invisibili a un’occhiata sommaria. La richiesta di un condition report (documento che attesta lo stato di conservazione dell’opera) al venditore rappresenta una garanzia per non incorrere in sorprese, soprattutto quando si fanno acquisti in asta od online. Eventuali danni o alterazioni devono essere dichiarati e se l’opera si presenterà non conforme a quanto dichiarato potrà essere restituita al venditore.

5. Richiedere al momento dell’acquisto l’attestato di autenticità e di provenienza
Il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio del 2004 ha emanato una disposizione che tutela gli acquirenti di opere d’arte e quindi anche di fotografia (art. 64, d.lgs. 22/01/2004, n. 42). Chi vende (gallerie, case d’asta, intermediari) ha infatti l’obbligo di rilasciare al collezionista una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza dell’opera. Questo certificato sarà un documento di riferimento per qualsiasi contestazione dovesse insorgere sull’autenticità o la qualità della fotografia acquistata.

Silvia Berselli è esperta di valorizzazione dei patrimoni fotografici
 

Un particolare di «Poolside Gossip» (1970) di Slim Aarons © Getty Images

Silvia Berselli, 26 agosto 2022 | © Riproduzione riservata

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